La corona e il campidoglio

Le narrazioni filmiche, letterarie e seriali costituiscono nuove forme del mito. Non, però, nel senso banale di ‘moda’, quanto nei termini in cui esse raccontano una verità articolandola in una struttura narrativa e quindi non rigorosamente argomentativa. Dai miti abbiamo sempre appreso qualcosa (Vernant 2018; Colli 2014) grazie al loro modo di rappresentare la verità con un linguaggio semplice, diretto e che poggia sulla nostra natura di specie finzionale (Harari 2014), capace di costruire e intuire i significati (Gottschall 2014).

La serialità televisiva ha contribuito notevolmente alla diffusione informativa di temi come l’etica, la politica, le relazioni umane, il senso della storia, le perversioni della tecnologia, spesso nella forma di simulazioni futuristiche e distopiche. Altre volte, radicandosi nei problemi del presente, essa ha inquadrato problemi che, da attori del processo, difficilmente riusciremmo a guardare dall’esterno (Arendt 2005). Questo succede anche grazie a specialisti che lavorano sugli script ottenendo l’effetto di raccontare qualcosa che sia insieme bello e vero, spesso in un’ibridazione fra realtà e finzione. 

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Alcune note su acosmia ed ecumene a partire da Augustin Berque

Per Heidegger una parte essenziale dell’uomo risiede nel nesso sussistente tra abitare, costruire e pensare, tanto che questi tre termini sono giustapposti a formare il titolo di un saggio del filosofo tedesco in cui egli cerca di invitarci a riflettere sul rapporto che l’uomo intrattiene con queste attività, sollecitato da una contingenza storica peculiare: la crisi degli alloggi nella Germania post-bellica.

La domanda sul costruire: tecnica, urbanizzazione e ritorno alle origini
Senza occuparci della ricostruzione dell’intero saggio che non pertiene allo scopo di questa analisi, potremmo subito anticipare la silloge di questo rapporto con le stesse parole di Heidegger: «1. Costruire è propriamente abitare. 2. L’abitare è il modo in cui i mortali sono sulla terra. 3. Il costruire come abitare si dispiega nel “costruire” che coltiva, e coltiva ciò che cresce; e nel costruire che edifica costruzioni» (Heidegger 1991, 98). Per il filosofo tedesco abitare significa prendersi cura della propria mortalità come elemento strutturale della quadratura, nell’attesa del divino, ma vivendo la nostra esperienza mondana sempre inseriti tra terra e cielo, in un’armonia relazionale ineludibile. Il costruire, come forma peculiare dell’abitare, ci dice Heidegger, è prendere parte attiva in questa reciprocità, come nel caso di un ponte che «riunisce presso di sé, nel suo modo, terra e cielo, i divini e mortali» (Heidegger 1991, 102) inserendosi nel cosmo, entrando in accordo con il ritmo dell’essere. L’impronta del discorso heideggeriano (già attraverso l’ascolto del linguaggio e del suo senso più originario/originale) è volta a recuperare quella che con Panikkar potremmo considerare la visione cosmoteandrica (Panikkar 2010) della realtà, che per millenni ha caratterizzato l’uomo primordiale e che, con la secolarizzazione della modernità tecno-scientifica, ha iniziato a dissolversi nello squilibrio dell’oggettivazione meccanicistica. Continue Reading

Cervelli rigidi: spazio a misura di IA e riduzione della complessità

L’introduzione dell’Intelligenza Artificiale (IA) nelle diverse dimensioni della vita ha già avuto un impatto profondo sul modo in cui il soggetto si relaziona con l’ambiente, nonché il senso stesso della soggettività. Il mutamento dello status ontologico è triplice: il soggetto, l’oggetto e la relazione che intercorre fra i due. L’identità, nell’era dell’on-life (Floridi, 2017), è divisa fra lo spazio del virtuale e lo spazio fisico. Le nuove generazioni condividono questa strutturale scissione fra uno spazio fisico e lo spazio virtuale che si fa sempre più ampio, de-corporizzato, de-storicizzato ma non meno reale.

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La macchinazione e l’inganno dell’esperienza vissuta

Uno degli aspetti centrali di quella che Heidegger chiama la risonanza, cioè la consapevolezza dell’abbandono del pensiero dall’Essere (nel quale consiste l’autentico nichilismo) è la cosiddetta macchinazione. Macchinazione significa prima di tutto che l’ente è interpretato come rappresentabile e, in quanto tale, calcolabile, opinabile, ottenibile mediante la produzione. La macchinazione respinge tutti quei tentativi che possono portare il pensiero verso un’autentica meditazione dell’essere e lo fa, in primo luogo, grazie all’idea della verità come correttezza del rappresentare (adaequatio rei intellectus est). Essa, la macchinazione, installandosi nel cuore della metafisica, è ciò che provoca un generale e nuovo tipo di incantamento.   Continue Reading

Platone e il fondamento non fondamentalista della religione

Scopo dichiarato di Platone è quello di persuadere dell’esistenza degli dèi, della loro provvidenza sulle cose umane e della loro incorruttibilità. Da ciò deriva il fondamento morale su cui poggiano le leggi della città. Per questa ragione il legislatore dovrebbe ricorrere non alla minaccia di pene severe, ma alla persuasione dei cittadini dell’esistenza di una giustizia divina. Mostrare che essa ordina, regola e compensa tutte le cose del mondo è compito necessario alla salda fondazione della morale della città e dei suoi cittadini. Continue Reading

Kundera e l’insostenibile leggerezza della libertà di pensiero

Milan Kundera, lo scrittore cecoslovacco scomparso l’11 luglio scorso, appartiene a quella grande tradizione di scrittori europei (come Dante, Cervantes, Musil, Kafka, tanto per fare alcuni nomi) in cui la riflessione filosofica ha sempre avuto un ruolo di primordine. La sua principale caratteristica in tal senso era l’ironia la quale, come disse in una delle sue rare interviste, irrita non perché deride ed attacca ma perché ci priva delle nostre certezze, rivelando il mondo nella sua ambiguità. Nelle sue pagine si ritrova una vera e propria vena socratica che sconfina nello scetticismo, virtù che, a  differenza di quanto si pensa, costituisce condizione del vivere felice.
In Italia Kundera è diventato celebre grazie ad un romanzo (
L’insostenibile leggerezza dell’essere) spacciato dai salotti radical chic come un rifugio nella sessualità e cifra dell’edonismo degli anni ottanta con il risultato che il libro è stato venduto anche nei supermercati ma letto (e compreso) da pochi. Continue Reading

Machiavelli e la necessità di una religione civile

In un’epoca di anacronistici e velleitari egoismi nazionali e di progressivo imbarbarimento della società civile, che sembrano ineluttabilmente condurre alla dissoluzione della fragile Unione Europea, sottraiamoci all’agone politico, svestiamo i panni borghesi e, indossate più nobili vesti, varchiamo con il Fiorentino la soglia delle «corti delli antiqui huomini» per attingere alla loro antica sapienza. Chi più di Machiavelli potrebbe infatti ricordarci che la litigiosità degli staterelli e la corruzione morale dei popoli sono le principali cagioni della disunione e della debolezza delle comunità politiche che fatalmente diventano facile preda «non solamente de’ barbari potenti ma di qualunque l’assalta»?

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Rawls è poco machiavellico

Come è possibile gestire un insieme eterogeneo di individui all’interno di un contesto sociale? Qual è lo strumento, la legittimazione, il mezzo, attraverso cui una autorità politica può (e deve) mantenere l’unità di una società? In ultima istanza: come si può conciliare la molteplicità degli individui con la necessaria unità della giustizia e dell’ordine sociale e politico?

Queste domande sono l’Anfang, il cominciamento, di ogni teoria filosofico-politica che voglia costruire un sistema teorico applicabile alla realtà sociale. Prima di porre queste domande, ogni teoria filosofico-politica deve descrivere la natura dell’uomo.L’opera e gli studi di John Rawls (1921-2002) hanno sostanzialmente tentato di rispondere a tali questioni. Continue Reading

Lo spazio del politico

Il riferimento allo spazio è essenziale per la costruzione dei concetti politici dell’occidente moderno e rappresenta una categoria attraverso la quale il pensiero politico stesso si autocomprende. La storia del pensiero politico moderno è la progressiva presa di coscienza della peculiarità e dell’indipendenza dello spazio della politica da quello delle altre sfere dell’agire sociale. Il confronto con l’antropologia politica permette di comprendere la rilevanza culturale di tale modo di pensare.

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Le filosofe esistono oppure no?

«È probabile che non si consideri la Repubblica di Platone un’opera femminista, nonostante al suo interno il filosofo affermi che le donne, al pari degli uomini, siano capaci di governare la sua città-Stato ideale – affermazione decisamente all’avanguardia rispetto agli standard dell’epoca. Secondo la sua tesi, donne capaci dovevano e potevano essere scelte insieme ai loro pari del genere maschile per servire come guardiane, in quanto per natura predisposte e capaci di ricoprire un tale ruolo» (Buxton e Whiting, 2021, pag 67)

I filosofi avevano il compito di governare la Repubblica, indicando il sentiero che conduce alla perfetta illuminazione filosofica. Da allora sono passati più di 2000 anni e di donne governanti non ne abbiamo viste molte e ancora meno filosofe. Continue Reading

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