Che cosa sono analisi e sintesi?

In questa serie di articoli nei quali proviamo ad indagare filosoficamente il significato di alcuni termini di uso comune, non tanto per mostrarne l’errato utilizzo quanto piuttosto per arricchirne il senso e darne una lettura di più ampio respiro, abbiamo per forza avuto un approccio analitico in alcuni momenti. L’analisi, infatti, è uno dei versanti del processo gnoseologico che più comunemente si intende come il nostro processo gnoseologico. L’altro lato di questo promontorio è la sintesi. Analisi e sintesi, quindi, vanno a comporre una diade conoscitiva che per lo più intendiamo come lineare e collegata.

Nel tentativo di proporre una definizione: l’analisi è la scomposizione di un elemento che si vuole conoscere; la sintesi è la ricomposizione alla luce di ciò che si è inteso dello stesso elemento. L’osservazione analitica (lo si dice pure delle persone, dell’approccio che hanno nei confronti del modo di conoscere le cose) è orientata verso i punti che compongono le figure, mentre lo sguardo sintetico ci racconta di una “astrazione” che è riassemblaggio di parti suddivise.  Continue Reading

Riduzionismo vs complessità (I)

Questa ricerca intende riflettere sul modello riduzionista e sul modello sistemico-relazionale, che costituiscono i due principali modelli su cui si basano le odierne scienze empiriche e sperimentali. Per svolgere l’analisi, prenderemo spunto da due lavori, non recenti ma particolarmente significativi per l’indagine che ci proponiamo di svolgere. Tali lavori sono comparsi nel numero 1 del Volume 37 della Rivista “Epistemologia” e sono stati scritti da Francesco Bottaccioli e da Giovanni Villani.

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Ritornare dall’esilio

Non c’è peggior cosa che vedersi talmente piccoli da sentirsi schiacciati e inutili. L’eco-ansia, ad esempio, è una forma riconosciuta di immobilismo che porta nelle persone disturbi di carattere emotivo e relazionale, a causa della gigantesca portata distruttiva dei cambiamenti climatici. Più in generale, è una condizione umana tipica che nel nostro mondo globalizzato, sempre in vetrina e in una situazione di iper-informazione, può alimentarsi e crescere. All’interno di questa “bolla” i maggiori problemi, quelli che coinvolgono a vari gradi tutti gli strati sociali, sembrano insolubili. Il futuro non appare incerto, piuttosto assume la forma di una minaccia. 

La reazione a questa condizione è ciò che differenzia il nostro entrare in rapporto sia con le minacce (reali, inventate, sopravvalutate o sottovalutate che siano), sia con il nostro essere parti in causa di tali minacce. Sono due le vie praticabili: a) lavorare per una rivoluzione, quindi pensare di poter anestetizzare la caduta con il rovesciamento dei sistemi politici e culturali che hanno provocato la minaccia; b) riappropriarsi dei corpi e della loro situazionalità, restituendogli un dominio di azione. Questa seconda è la tesi di Miguel Benasayag e Bastien Cany che nel loro recente Corpi viventi. Pensare e agire contro la catastrofe (Benasayag-Cany 2022) provano a liberare la razionalità dell’individuo moderno dal proprio esilio, per tornare alla centralità del corpo non in quanto espressione singolare bensì come interfaccia con il vivente. 

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Fenomenologia della nuova onda

Se il cinema è in grado di portarci nel mezzo, nella transizione, c’è una vera e propria corrente cinematografica che tenta di fare del cinema l’espressione della complessità del reale. Questo movimento, forse il primo ad avere una base intellettuale forte e una struttura culturale coerente e sistematica, è la Nouvelle vague. Nata nella Francia intellettualmente e politicamente engagé degli anni 50 del ‘900 – una Francia esistenzialista, dominata dalla personalità di Jean-Paul Sartre, dai pantaloni a sigaretta, dalle magliette a righe in stile bretone e dal fumo di Gitanes – la Nouvelle vague si vuole svincolare dalla tirannia del visivo, dell’immagine per l’immagine, dal concreto oggettivabile per trasformare il cinema in un mezzo di comunicazione flessibile al pari della scrittura. La macchina da presa usata come una stilografica in grado di lasciare schizzi di inchiostro sul muro delle emozioni umane e vedere quelle emozioni sempre da angolazioni diverse. Il film diventa forma temporale, non una semplice somma di immagini, diventa un tutto che restituisce totalmente il senso della realtà: un tutto che è più della somma matematica delle sue parti.  Continue Reading

Spazialità vissuta e psicopatologia

L’articolo prende in esame uno specifico aspetto della spazialità vissuta: la spazialità atmosferica (Griffero, Schimitz). L’atmosfera è intesa come comunicazione preliminare e pretematica non riducibile cognitivamente (Merleau-Ponty). L’atmosfera dà luogo ad una spazialità-paesaggio non geografica (Straus, Binswanger): spazialità piena (Minkowski) nella quale i soggetti con-partecipano del medesimo mondo condiviso. La perdita di reciprocità e partecipazione alla spazialità atmosferica condivisa si manifesta come Störung (Heidegger) che può assumere caratteri patologici (Tellenbach). L’atmosfera e l’attenzione alle sue alterazioni patologiche rappresentano una prospettiva privilegiata per cogliere il progressivo manifestarsi e il significato dei disturbi psichici (Binswanger, Fuchs). 

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L’unità come condizione fondativa (VI)

Nel saggio precedente si era pervenuti alla conclusione che l’unità può venire riscontrata nell’atto, inteso non tanto come atto del distinguersi, quanto come atto del togliersi dei distinti.

L’unità dell’atto, questo è il punto, è sempre e comunque vincolata ad una determinazione, sia che si tratti dell’atto del “distinguersi” sia si tratti dell’atto del “togliersi”: se l’atto del distinguersi si pone a condizione del porsi della determinatezza dei distinti, così che anche l’atto risulta da essi determinato, altrettanto l’atto del togliersi si pone a condizione del porsi della determinatezza di ciò che si toglie dopo essersi determinatamente posto, così che anche tale atto risulta, esso stesso, determinato.

L’effettiva unità, invece, si realizza allorché viene meno ogni determinatezza, così che l’“unità del fondamento” non potrà non venire distinta dall’“unità dell’atto”, ancorché l’atto, almeno intenzionalmente, cioè idealmente, non può non intendere di essere tutt’uno con ciò verso cui si volge e che intende come sua meta e suo compimento: il fondamento, appunto. Continue Reading

L’ospite invisibile. Spazio, privacy e intelligenza artificiale

This paper focuses on the concept of space and how it changes in contemporary world due to introduction of Artificial Intelligence. AI can be defined as a “invisible guest” in three different spatial levels: (i) smartphone as individual space; (ii) house as domestic and familiar space; (iii) city as social space of interaction. In all of them we’ve allowed the introduction of AI systems. Due to this introduction, we’re modeling the private and public spaces in order to adapt them to AI. This threats not only privacy as a value, but complexity too.

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Plotino o il tempo come svolgimento dell’eterno

Il filosofo che nel modo più penetrante ha tentato di ricomporre la frattura tra essere e tempo è stato sicuramente Plotino. Questo perché egli è colui che meglio di tutti ha saputo contemperare le esigenze spirituali del mondo antico e di quello moderno. Bergson, nel suo corso al Collège de France sulla Storia dell’Idea di tempo, aveva colto nel segno nel momento in cui individuava nella dottrina di Plotino la prima teoria moderna sull’origine del tempo. Giudizio a sua volta derivato da Simplicio, il principale commentatore del filosofo greco vissuto nel III secolo d.C, il quale scrisse che Plotino era stato il primo filosofo a produrre la vera teoria del tempo. L’originalità, spiega Bergson, deriva dal carattere interamente psicologico della sua concezione secondo la quale, dove c’è tempo, c’è un’anima, una coscienza.  Continue Reading

Uno spazio da salvare

L’articolo vuole fornire un contributo alla riflessione sul tema dello spazio alla luce della lectio come “circostanza” che viene fornita dal filosofo madrileno José Ortega y Gasset, uno dei massimi teorizzatori del rapporto indissolubile fra l’individuo e la propria dimensione spazio-temporale. Nonostante l’uomo possa servirsi della tecnica per umanizzarlo, Ortega ci porta a riconoscere che lo spazio resta un enigma molto arduo da risolvere. Comprendere che cosa esso sia autenticamente è una sfida che stimola a interrogarci con sempre maggiore complessità intellettuale e, al contempo, a interpretare la nostra stessa vita.

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Lo spazio del politico

Il riferimento allo spazio è essenziale per la costruzione dei concetti politici dell’occidente moderno e rappresenta una categoria attraverso la quale il pensiero politico stesso si autocomprende. La storia del pensiero politico moderno è la progressiva presa di coscienza della peculiarità e dell’indipendenza dello spazio della politica da quello delle altre sfere dell’agire sociale. Il confronto con l’antropologia politica permette di comprendere la rilevanza culturale di tale modo di pensare.

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