Il parricidio necessario: fisica, filosofia ed epistemologia (I)

Questo articolo è frutto del lavoro congiunto di Aldo Pisano e Alessandro Lattuada, entrambi componenti della Redazione di Ritiri Filosofici. L’articolo è il primo di una serie di tre contributi che intendono prendere ad esame il rapporto tra filosofia e fisica seguendo le tracce del lavoro del fisico Carlo Rovelli.

La riflessione qui proposta tenta di esaminare i nessi e le concordanze esistenti fra la dialettica del pensiero scientifico, la sua evoluzione, e il pensiero inteso in senso strettamente filosofico, nell’attività critica di distruzione e costruzione di sistemi di certezze e dogmi. A partire dalle rivoluzioni attuate dalla fisica del Novecento e i cambi di paradigma da esso imposti (Kuhn 1962), l’analisi proposta investirà quattro ambiti: (a) epistemologia; (b) ontologia; (c) etica; (d) antropologia filosofica. A tale scopo, ci serviremo anche dell’attività divulgativa di Carlo Rovelli, da La rivoluzione di Anassimandro (2011) a Buchi Bianchi (2024). Continue Reading

Tra avere ed essere: quando il soggetto psichiatrizzato diventa soggetto politico

Tra esigenze politiche ed esigenze teoriche
Mai come negli ultimi anni si è mostrato come la psichiatria e la psicologia siano territorio di incontro e scontro tra soggettività epistemiche con interessi, speranze e bisogni diversi. Le comunità di pazienti, survivors e persone psichiatrizzate esercitano una pressione crescente sulle istituzioni e i centri di ricerca, ottenendo in alcuni casi veri e propri cambiamenti di rotta nelle decisioni imposte dall’alto (Sanderson, 2021). In ambito accademico, il precipitato di queste rivendicazioni è un rinnovato interesse su cosa significhi l’incontro tra la persona e la psichiatria, restituendo nuova linfa agli storici studi di Foucault (1998) e Goffmann (1961). Questo incontro necessita di almeno due nodi – la persona e la psichiatria – oggi entrambi oggetto di profondi e accalorati scontri teorici e politici: cosa significa essere pazienti, avere un disturbo, essere diagnosticati, essere istituzionalizzati? Qual è il ruolo dell’istituzione psichiatrica nella società, come dobbiamo guardare alle sue categorizzazioni? Continue Reading

Fede e libertà (III)

Nella prima parte della nostra trattazione, abbiamo cercato di evidenziare che la fede esprime una vocazione intrinsecamente razionale. Tale vocazione si esprime nell’intendere che sia vero l’oggetto creduto.

Ciò ha messo in luce un problema: se la verità dell’oggetto creduto è dimostrata razionalmente, quale spazio rimane alla fede?

Nella seconda parte della trattazione abbiamo cercato di evidenziare che, qualora la ragione pretendesse di determinare la verità, contraddirebbe sé stessa, dal momento che è la stessa ragione che richiede la verità come assoluta: solo se libera da vincoli estrinseci, essa è verità autentica.

De-terminare, invece, è riferire ad altro, giacché implica circoscrivere con un limite, de-limitare, così che la verità, in quanto determinata, viene subordinata a ciò che è altro da essa.

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A coloro che stanno scappando, filosofia di Aron Gurwitsch

Segnaliamo con grande piacere la pubblicazione di un saggio di Simone Aurora, ricercatore presso l’Università di Padova, dal titolo Il campo della coscienza. Aron Gurwitsch e la fenomenologia trascendentale, uscito per Orthotes nel 2022. Il contributo è di assoluta rilevanza all’interno del nostro panorama culturale dal momento che ha il singolare merito di introdurre il lettore italiano all’opera – e alla vicenda biografica, raramente come in questo caso – del filosofo lituano Aron Gurwitsch, vissuto tra il gennaio del 1901 e il giugno del 1973, attivo soprattutto in Germania e in Francia a cavallo tra i due conflitti mondiali e poi negli Stati Uniti. Continue Reading

Da Hegel a Severino: la “dialettica originaria”

Questa riflessione ruota intorno all’uso, da parte di Emanuele Severino, del termine ‘dialettica’. Si tratta di una nozione che non richiama, a prima vista, i concetti distintivi del pensiero severiniano, ma che tuttavia gioca un ruolo fondamentale all’interno de La struttura originaria, l’opera che costituisce il terreno nel quale tutti gli scritti di Severino ritrovano la fondazione che è loro propria (cfr. Severino, 1981, 13). Per comprendere l’importanza, quasi nascosta, che questa nozione ricopre negli equilibri della concettualità severiniana, basti pensare che il filosofo bresciano introduce «l’autentico concetto della dialettica» (Severino, 1981, 386) – proprio in contrapposizione al «concetto che ne ebbe Hegel» (ibidem) – contestualmente all’esposizione dei tratti essenziali della «essenza del fondamento» (ivi, 107). Non è quindi possibile dar conto della struttura originaria se non si comprende il ruolo che la dialettica, severinianamente intesa, gioca al suo interno. Proprio nell’ottica di delineare questo senso assunto dalla dialettica, occorre anzitutto iniziare a distinguere alcuni dei significati che il termine ha assunto nel corso della storia del pensiero. Sarà pertanto brevemente richiamata e contestualizzata la concezione platonica di dialettica, per comprendere quali siano i suoi connotati essenziali. Si passerà, successivamente e più diffusamente, all’indagine della dialettica in Hegel, che sembra richiamare più la filosofia di Eraclito che quella di Platone. L’idealismo assoluto hegeliano permetterà di avvicinarsi al pensiero severiniano. Ci sarà infatti modo di vedere che Hegel e Severino condividono l’atteggiamento filosofico di fondo con cui si rivolgono alla dialettica, al netto della radicale differenza che li separa. Solo alla fine di questo percorso, più teoretico che storico, si potrà comprendere appieno il significato e l’importanza ricoperta dalla dialettica in Severino, mostrando la connessione intrinseca tra il suo senso autentico e l’essenza stessa del linguaggio che testimonia il destino. Dopo aver compreso che la dialettica è tutt’altro che una nozione ‘secondaria’ – ancorché non immediatamente riconoscibile come distintiva del linguaggio filosofico severiniano – si mostrerà che essa è anzi l’architrave dell’intero sistema con cui Severino sfida l’Occidente. Continue Reading

Fede e ragione (II)

Dopo avere cercato di precisare la differenza che sussiste tra il “credere in” e il “credere che”, della quale ci siamo occupati nello scorso articolo, ci vogliamo ora occupare di una un’altra differenza, ancor più basilare della precedente, quella che sussiste tra il sapere e il credere.

Il sapere – possiamo dire in estrema sintesi – è frutto di un processo che, passando attraverso il dubbio, ossia attraverso l’ipotesi che la cosa non sia come inizialmente appare, perviene alla certezza che la cosa è in un determinato modo perché lo si è dimostrato, ossia perché si è usato un argomento razionale.

La dimostrazione è effettiva quando afferma una determinata ipotesi e la promuove a tesi perché esclude l’ipotesi opposta, dimostrandone la falsità. Il sapere, dunque, ci consente di passare da un’ipotesi ad una tesi, la quale deriva dall’elaborazione razionale dell’esperienza o da una dimostrazione esclusivamente logica. In questo senso, la ragione sembra l’unico strumento che ci consente effettivamente di pervenire alla verità.

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Guénon e la scienza come sapere ignorante

A leggere René Guénon, filosofo francese vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, uno si domanda come mai, nella letteratura relativa alla decadenza della civiltà occidentale, il canone filosofico abbia imposto esclusivamente autori come Marx, Freud o la Scuola di Francoforte. Sono queste le tradizioni di pensiero che costituiscono la vulgata dell’Occidente, imprescindibili per mettere a fuoco la crisi ormai secolare in cui versa questa parte del pianeta.

La risposta alla domanda forse consiste in ciò: mentre quei pensatori non intaccano un sistema di valori che finisce per conservare il suo primato planetario, Guénon investe con la sua critica le radici stesse della civiltà occidentale. Non si tratta in altre parole di mettere in campo dei mutamenti grazie ai quali essa possa correggersi, emendare aspetti anche importanti ma che non cambiano lo scenario di fondo. Il problema è che, nell’ambito dello sviluppo complessivo dell’umanità, l’Occidente costituisce una vera e propria anomalia.

Questa è la posizione di Guénon il quale, tramite anche il confronto sistematico con la civiltà orientale, mina alle fondamenta il pregiudizio della superiorità indiscussa e indiscutibile della civiltà occidentale. Continue Reading

Rovesciare lo schema: Processo e realtà di Alfred N. Whitehead (II)

Audacia e umiltà sono le due caratteristiche che deve possedere lo spirito filosofico affinché possa cogliere ciò che si nasconde nel grembo della natura. La filosofia, dunque, come abbiamo già detto, è scoperta e ricerca continua, inevitabile processo che deve confrontarsi con la logica e i fatti, che non può e deve sfociare in una esposizione personale e individuale. La filosofia, scrive Whitehead, è «l’auto-correzione ad opera della coscienza del suo iniziale eccesso di soggettività» (Whitehead 2019, 177). La filosofia, allora, non è specialistica e nemmeno settoriale: è il più ampio dei discorsi sopra la natura; la filosofia è tale nel momento in cui è – in definitiva – metafisica. Ma per entrare in questa esposizione metafisica del reale, nel senso più completo del termine, ovvero che oltrepassi il fisico ricomprendendolo in una logica organicistica, è necessario definire alcune «nozioni primarie che costituiscono la filosofia dell’organismo» (Whitehead 2019, 187) e sulle quali, quindi, si fonda Processo e realtà.

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Ai limiti dello psichico

Abbozzare uno scorcio sulla teoria psicoanalitica freudiana, in particolare sui concetti di nevrosi e psicosi, alla luce dello sguardo filosofico di Georges Canguilhem e mediante le acute riflessioni dello psicoanalista André Green, è lo scopo di questo saggio. Infatti, una psicopatologia che tenga conto della riflessione canguilhemiana sulla normatività – intesa come “razionalità qualitativa”, e non come normatività normante del sapere-potere da cui mette in guardia Michel Foucault – spianerebbe la strada verso una concezione di salute in grado di evidenziare nuove vie di comprensione delle patologie psichiche contemporanee e dei cosiddetti stati-limite.

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Che bisogno abbiamo della fede? (I)

In questa serie di articoli cercheremo di riflettere sul rapporto che può intercorrere tra fede e libertà. Abbiamo scelto il tema della fede perché essa costituisce l’essenza spirituale della religione, di ogni religione positiva. Si tratta dunque di spiegare, in primo luogo, il senso di questa affermazione e, in secondo luogo, la ragione per la quale, a nostro giudizio, la fede autentica, e solo la fede autentica, costituisce il fondamento dell’autentica libertà.

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