Rivelazione e toglimento nell’Uno (V)

L’inevitabile traduzione del fondamento nel discorso – o, per dirla in termini biblici, la rivelazione di Dio –, di cui parlavamo nello scorso articolo, non può non richiamare alla mente il tema plotiniano dell’emanazione.

Anche l’emanazione è un modo figurato per esprimere la relazione tra l’Uno e le ipostasi che si intende derivino da esso. È, insomma, il gran problema della deductio dal fondamento, il quale, per essere effettivo fondamento, non può non essere l’Uno e, dunque, non può non escludere la relazione che immane alla deductio.

Il νοῦς è bensì prodotto per emanazione dall’Uno, ma nell’intenzione di Plotino esso non è altro dall’Uno, essendo altro solo nell’Uno, il quale contiene e risolve in sé l’alterità (Cfr. Peroli, 2003).

La dualità appare, quindi, allorché ci si colloca dal punto di vista delle ipostasi, così che del νοῦς si coglie solo l’aspetto del suo ipostatizzarsi, aspetto che lo riduce a “pensiero discorsivo”. Continue Reading

L’ordine della sostanza e l’ordine delle relazione (III)

La nostra ipotesi ermeneutica è che, per intendere il senso della coesistenza dell’Unità e della Trinità, non si possa non fare ricorso alla distinzione di innegabile e inevitabile, ossia si debba introdurre una doppia prospettiva: la prospettiva dell’assoluto, che è una prospettiva “ideale” o “intenzionale”, e la prospettiva di chi si pone nell’universo in cui vige la finitezza (la prospettiva del relativo o “fattuale”). L’ipotesi della “doppia prospettiva” trova espressione anche in Agostino e precisamente nella forma della differenza tra il punto di vista della «sostanza» e quello della «relazione».

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Filosofia, cura e correzione cognitiva a partire da Emanuele Severino

Life is a tragedy when seen in close-up, 
But a comedy in long-shot

C. Chaplin

Le prime pagine di Severino
Nel primo volume dedicato alla storia della filosofia, La filosofia antica e medievale, specificatamente nel primo capitolo (Severino 2010), Emanuele Severino conduce un’analisi delle origini della filosofia, sottolineandone la natura ‘liberatrice’. Il paragrafo intitolato “La filosofia e il dolore” (Ivi, 38-42) sottolinea l’interpretazione severiniana della filosofia nel suo doppio valore ontologico ed esistenziale. La filosofia dai Greci al nostro tempo rappresenta un’opera di storia della filosofia che, tuttavia, porta con sé un’interpretazione ontologica che qui analizziamo mettendone in risalto il rapporto tra il soggetto in termini esistenziali e l’oggetto-verità. Questa lettura modifica strutturalmente la relazione che intercorre fra i due, offrendo una prospettiva sull’ontologia aperta al misticismo o, meglio, alla spiritualità come cura di sé passando dal rapporto con la realtà esterna e con la sua rappresentazione. Un approccio che avvicina ancora di più la lettura di quelle prime pagine di Severino all’interpretazione di Pierre Hadot e dei suoi “esercizi spirituali” (Hadot 2005). Continue Reading

Se la medicalizzazione è sovrastruttura

L’esperienza dei pazienti è fondamentale per la conoscenza psichiatrica. Tuttavia, l’incorporazione della norma biologica che porta con sé la medicalizzazione comporta il rischio che i soggetti riproducano inavvertitamente le strutture di dominio del pensiero medicalizzato. In questo articolo tenterò di far dialogare Foucault con l’epistemologia dei punti di vista di Nancy Hartsock, che, se integrata con la visione focaultiana della medicalizzazione, potrebbe rivelarsi interessante per formulare un’epistemologia in grado di riconoscere il giusto ruolo alla conoscenza situata degli psichiatrizzati. Continue Reading

Quando la sostanza diventa persona (II)

Dicevamo, nello scorso articolo, che lo Spirito è la relazione che unifica Dio e Cristo, così che vale come medio tra di essi. Lo spirito, così inteso, non è l’atto in virtù del quale il “tre” si toglie nell’“uno”, ma vale come il quid medium, cioè come ciò che sancisce, ossia che pone, la trinità, dunque la molteplicità. Si potrebbe dire in questo modo, per specificare meglio e anticipare il senso della nostra argomentazione: l’Uno è diventato Tre, ma il Tre non si sostituisce all’Uno, perché dal punto di vista della sostanza – l’innegabile – la realtà permane, in verità, una e unica. Ci sembra quanto mai interessante rilevare come il Dogma Trinitario sia stato espresso, per la prima volta, da Tertulliano nella formula “una substantia, tres personae”. Continue Reading

“Come un serpente muta la pelle”. Il metabolismo mythos-logos tra Derrida e Panikkar

Mythos e logos: oltre l’opposizione
In un comune presupposto mythos e logos sembrano essere nettamente distinti, due termini quasi agli antipodi. Per quanto entrambi appartengano al campo semantico del discorso e di un certo modo retorico, vengono tendenzialmente definiti come due termini opposti: il mythos sarebbe un racconto favolistico, leggendario-religioso, racchiuso in un gruppo di appartenenza che ne fa la propria vicenda fondatrice; d’altra parte, il logos sarebbe il discorso razionale per eccellenza, ciò che distingue il vero dal falso e che è in grado – elevato a mezzo filosofico – di puntare all’universale, indipendentemente dai tribalismi. Sembra che la filosofia e le scienze positive inizino nel momento in cui si distaccano dal mythos, germogliando nel differenziale aperto da questa forma narrativa che non concede alcuna conoscenza certa sul mondo che ci circonda. Continue Reading

Come conciliare unità e molteplicità? (I)

Il concetto cristiano di “Trinità” non solo è fondamentale da un punto di vista dottrinario, ma lo è anche da un punto di vista teologico e, ancor prima, filosofico. Con esso, infatti, non si può evitare di affrontare, in forma estremamente significativa, il tema del rapporto tra unità e molteplicità.

Il primo punto che ci sentiamo di sottolineare con forza è questo: non si può pensare che tra unità e molteplicità vi sia una relazione. In questo caso, infatti, l’unità verrebbe ridotta ad un elemento (membro) della molteplicità, giacché sarebbe un termine della relazione.

Si potrebbe bensì obiettare che la molteplicità è soltanto l’altro termine, ma in tal modo si dimenticherebbe che la relazione si costituisce comunque di due termini, sì che essa stessa si struttura di quella dualità di termini che costituisce la forma minima di molteplicità. In questo modo, l’unità varrebbe, appunto, come uno dei due termini e perderebbe quell’assolutezza che è il senso stesso dell’unità metafisica, decadendo ad unità numerica, cioè a quell’uno-dei-più-di-uno che costituisce la molteplicità in quanto questa vale come l’insieme di più unità, ferma restando la determinatezza (finitezza) di questa unità. Continue Reading

La corona e il campidoglio

Le narrazioni filmiche, letterarie e seriali costituiscono nuove forme del mito. Non, però, nel senso banale di ‘moda’, quanto nei termini in cui esse raccontano una verità articolandola in una struttura narrativa e quindi non rigorosamente argomentativa. Dai miti abbiamo sempre appreso qualcosa (Vernant 2018; Colli 2014) grazie al loro modo di rappresentare la verità con un linguaggio semplice, diretto e che poggia sulla nostra natura di specie finzionale (Harari 2014), capace di costruire e intuire i significati (Gottschall 2014).

La serialità televisiva ha contribuito notevolmente alla diffusione informativa di temi come l’etica, la politica, le relazioni umane, il senso della storia, le perversioni della tecnologia, spesso nella forma di simulazioni futuristiche e distopiche. Altre volte, radicandosi nei problemi del presente, essa ha inquadrato problemi che, da attori del processo, difficilmente riusciremmo a guardare dall’esterno (Arendt 2005). Questo succede anche grazie a specialisti che lavorano sugli script ottenendo l’effetto di raccontare qualcosa che sia insieme bello e vero, spesso in un’ibridazione fra realtà e finzione. 

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L’a priori e la sua espressione in Mikel Dufrenne

Mikel Dufrenne (1910-1995) è stato un importante fenomenologo francese. In questo articolo mi vorrei concentrare sul concetto di ‘espressione’ nella sua prosa. Per “espressione” intendo il processo comunicativo mediante cui il soggetto conosce, forma e comunica i suoi vissuti o stati d’animo ad altri soggetti in grado di comprenderli. Come cercherò di chiarire, per Dufrenne è necessario che il soggetto si esprima, ovvero che esso si comunichi esteriormente e renda le sue condotte leggibili ad altri, al fine di avere contezza dei suoi stessi sentimenti e del loro valore immediatamente condiviso. È negli altri che il soggetto trova le proprie conferme o smentite; è dal confronto con gli altri che è in grado di riconoscersi ed edificare il senso dell’identità personale. È nell’esteriorità delle sue manifestazioni che il soggetto dimostra di avere un’interiorità, una profondità che trapela in superficie. Continue Reading

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