Il ritorno su grande scala del teologico politico

Nella biografia pubblicata nel 2021 è stato definito The Contrarian, l’anticonformista. Non ha scritto libri di teoria politica ma per promuovere le sue tesi si affida soprattutto ai colloqui, più o meno accomodati e visibili su YouTube, che rilascia alla Hoover institution, un ente di politica pubblica americano. In un articolo apparso nel 2009 si definiva un libertario che «ha smesso di credere che democrazia e liberalismo siano compatibili»

Si tratta di Peter Thiel, 58 anni, brillante intellettuale e multimiliardario, fondatore di Paypal, presidente di un’azienda di intelligenza artificiale, sostenitore convinto dell’amministrazione Trump, verso la quale ha fornito numerosi uomini di sua fiducia, tra cui il vicepresidente Vance e l’inventore miliardario Elon Musk. Laureato in Filosofia a Stanford, Thiel è prima di tutto un imprenditore, un businessman, il cui successo ha aperto la strada alle sue idee filosofiche. In realtà si dovrebbero dire idee teologico politiche in quanto esse fanno riferimento in modo prevalente a quel lessico: bibbia, anticristo, apocalisse, katechon. 

Thiel concentra in modo esemplare il suo credo teologico politico in un saggio del 2007 dal titolo The Straussian Moment. Nato come riflessione filosofica sul tema della violenza, l’articolo esamina lo sviluppo della civiltà occidentale in due direzioni: una filosofico- razionale e un’altra apocalittico-religiosa.  Continue Reading

L’Europa in un vicolo cieco

Le tesi di Evola in merito al tema dell’unità europea sono completamente anticonvenzionali e proprio per questo meritano di essere prese in considerazione. In passato avevamo già visto quelle di Emanuele Severino, per niente rassicuranti. Evola, scomparso quasi 51 anni fa, è ancora più netto e, sebbene non escluda margini di manovra, pone in serio dubbio le prospettive che, fino ad oggi, hanno tenuto il campo nel dibattito politico e culturale della costruzione europea.  Continue Reading

L’idea di diritto in Alexandre Kojève

Alexandre Kojève è stato uno dei fondatori delle istituzioni europee. Se la sua Introduzione alla lettura di Hegel (Kojève 2010) rappresenta una delle più penetranti analisi del pensiero hegeliano sviluppate nel XX secolo, è tuttavia meno noto, ma non meno importante, che Kojève è stato uno degli architetti del processo di integrazione europea (Filoni 2021), prima come rappresentante francese presso l’Oece (Organizzazione europea di cooperazione economica), che aveva lo scopo di favorire la rinascita degli scambi fra le economie europee distrutte dalla seconda guerra mondiale, e in seguito come elemento di spicco dell’Unione europea dei pagamenti e come  negoziatore del Gatt (General agreement on tariffs and trade), che aprirono la strada al Trattato di Roma e alla costruzione del Mercato comune.

Si tratta dunque di una figura di intellettuale a tutto tondo, che si alimenta di profonde ed illuminanti intuizioni giuridiche, infine compendiate nei Lineamenti di una fenomenologia del diritto (Kojève [1981] 2024), trattato composto nella concitata estate del 1943, pubblicato per la prima volta da Gallimard nel 1981 e recentemente tradotto in italiano, dove l’autore esplora la genesi del diritto e le complesse dinamiche che sottendono alla formazione dello Stato. Continue Reading

Tra avere ed essere: quando il soggetto psichiatrizzato diventa soggetto politico

Tra esigenze politiche ed esigenze teoriche
Mai come negli ultimi anni si è mostrato come la psichiatria e la psicologia siano territorio di incontro e scontro tra soggettività epistemiche con interessi, speranze e bisogni diversi. Le comunità di pazienti, survivors e persone psichiatrizzate esercitano una pressione crescente sulle istituzioni e i centri di ricerca, ottenendo in alcuni casi veri e propri cambiamenti di rotta nelle decisioni imposte dall’alto (Sanderson, 2021). In ambito accademico, il precipitato di queste rivendicazioni è un rinnovato interesse su cosa significhi l’incontro tra la persona e la psichiatria, restituendo nuova linfa agli storici studi di Foucault (1998) e Goffmann (1961). Questo incontro necessita di almeno due nodi – la persona e la psichiatria – oggi entrambi oggetto di profondi e accalorati scontri teorici e politici: cosa significa essere pazienti, avere un disturbo, essere diagnosticati, essere istituzionalizzati? Qual è il ruolo dell’istituzione psichiatrica nella società, come dobbiamo guardare alle sue categorizzazioni? Continue Reading

La corona e il campidoglio

Le narrazioni filmiche, letterarie e seriali costituiscono nuove forme del mito. Non, però, nel senso banale di ‘moda’, quanto nei termini in cui esse raccontano una verità articolandola in una struttura narrativa e quindi non rigorosamente argomentativa. Dai miti abbiamo sempre appreso qualcosa (Vernant 2018; Colli 2014) grazie al loro modo di rappresentare la verità con un linguaggio semplice, diretto e che poggia sulla nostra natura di specie finzionale (Harari 2014), capace di costruire e intuire i significati (Gottschall 2014).

La serialità televisiva ha contribuito notevolmente alla diffusione informativa di temi come l’etica, la politica, le relazioni umane, il senso della storia, le perversioni della tecnologia, spesso nella forma di simulazioni futuristiche e distopiche. Altre volte, radicandosi nei problemi del presente, essa ha inquadrato problemi che, da attori del processo, difficilmente riusciremmo a guardare dall’esterno (Arendt 2005). Questo succede anche grazie a specialisti che lavorano sugli script ottenendo l’effetto di raccontare qualcosa che sia insieme bello e vero, spesso in un’ibridazione fra realtà e finzione. 

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Quei Nazisti dei Romani

Nella storia del pensiero esistono delle tesi che, a causa della loro eterodossia, sono spesso emarginate fino ad essere rimosse. È il caso di quella contenuta in Riflessioni sulle origini dello hitlerismo di Simone Weil, saggio pubblicato nel 1939.  La tesi è semplice: l’eredità politica e militare dell’antica Roma è stata ripresa e attualizzata nei tempi moderni dalla Germania nazista. Simone Weil affronta la questione dal lato più scomodo formulando un’osservazione che dà la misura della sua profondità: «Certo è per noi difficile arrivare ad ammettere una specie d’identità tra il nostro nemico (la Germania, ndr) e la nazione a cui la letteratura e la cui storia costituiscono quasi esclusivamente la materia di quelli che noi chiamiamo studi umanistici». Eppure tutto ciò non la trattiene dall’idea secondo la quale il fenomeno della Germania totalitaria trae il suo nutrimento politico e culturale nella storia di Roma, tanto repubblicana quanto imperiale (e non solo da Cesare come si legge in alcune recensioni). Continue Reading

Alcune note su acosmia ed ecumene a partire da Augustin Berque

Per Heidegger una parte essenziale dell’uomo risiede nel nesso sussistente tra abitare, costruire e pensare, tanto che questi tre termini sono giustapposti a formare il titolo di un saggio del filosofo tedesco in cui egli cerca di invitarci a riflettere sul rapporto che l’uomo intrattiene con queste attività, sollecitato da una contingenza storica peculiare: la crisi degli alloggi nella Germania post-bellica.

La domanda sul costruire: tecnica, urbanizzazione e ritorno alle origini
Senza occuparci della ricostruzione dell’intero saggio che non pertiene allo scopo di questa analisi, potremmo subito anticipare la silloge di questo rapporto con le stesse parole di Heidegger: «1. Costruire è propriamente abitare. 2. L’abitare è il modo in cui i mortali sono sulla terra. 3. Il costruire come abitare si dispiega nel “costruire” che coltiva, e coltiva ciò che cresce; e nel costruire che edifica costruzioni» (Heidegger 1991, 98). Per il filosofo tedesco abitare significa prendersi cura della propria mortalità come elemento strutturale della quadratura, nell’attesa del divino, ma vivendo la nostra esperienza mondana sempre inseriti tra terra e cielo, in un’armonia relazionale ineludibile. Il costruire, come forma peculiare dell’abitare, ci dice Heidegger, è prendere parte attiva in questa reciprocità, come nel caso di un ponte che «riunisce presso di sé, nel suo modo, terra e cielo, i divini e mortali» (Heidegger 1991, 102) inserendosi nel cosmo, entrando in accordo con il ritmo dell’essere. L’impronta del discorso heideggeriano (già attraverso l’ascolto del linguaggio e del suo senso più originario/originale) è volta a recuperare quella che con Panikkar potremmo considerare la visione cosmoteandrica (Panikkar 2010) della realtà, che per millenni ha caratterizzato l’uomo primordiale e che, con la secolarizzazione della modernità tecno-scientifica, ha iniziato a dissolversi nello squilibrio dell’oggettivazione meccanicistica. Continue Reading

Un oltraggio al senso comune

Il termine antisemitismo fu coniato nel 1879 da un giornalista tedesco antisemita, Wilhelm Marr. Dal 2016 la parola ha una sua definizione formale così come proposto dall’IHRA, l’Alleanza internazionale per il ricordo dell’olocausto. Tuttavia, come dimostra la recente esplosione di violenza su scala planetaria, la questione è ancora attuale e oggetto di controversie.
Il problema è che l’antisemitismo mescola in modo quasi inestricabile questioni morali, religiose e storiche. Con il ritorno della sovranità territoriale ebraica, oggi si aggiungono anche questioni politiche, come dimostra la difficoltà di tracciare una linea di demarcazione tra antisemitismo e critica allo stato di Israele.
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Cervelli rigidi: spazio a misura di IA e riduzione della complessità

L’introduzione dell’Intelligenza Artificiale (IA) nelle diverse dimensioni della vita ha già avuto un impatto profondo sul modo in cui il soggetto si relaziona con l’ambiente, nonché il senso stesso della soggettività. Il mutamento dello status ontologico è triplice: il soggetto, l’oggetto e la relazione che intercorre fra i due. L’identità, nell’era dell’on-life (Floridi, 2017), è divisa fra lo spazio del virtuale e lo spazio fisico. Le nuove generazioni condividono questa strutturale scissione fra uno spazio fisico e lo spazio virtuale che si fa sempre più ampio, de-corporizzato, de-storicizzato ma non meno reale.

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Platone e il fondamento non fondamentalista della religione

Scopo dichiarato di Platone è quello di persuadere dell’esistenza degli dèi, della loro provvidenza sulle cose umane e della loro incorruttibilità. Da ciò deriva il fondamento morale su cui poggiano le leggi della città. Per questa ragione il legislatore dovrebbe ricorrere non alla minaccia di pene severe, ma alla persuasione dei cittadini dell’esistenza di una giustizia divina. Mostrare che essa ordina, regola e compensa tutte le cose del mondo è compito necessario alla salda fondazione della morale della città e dei suoi cittadini. Continue Reading

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