L’uomo, l’animale che sperimenta

Per Kierkegaard il divenir-animale è la liberazione dalle infrastrutture linguistiche che ci fanno continuamente affermare “io”, che mi permettono di essere al contempo presente e assente, poiché se per un verso affermando io mi “oggettivizzo”, dall’altro perdo e abbandono la gran parte delle mie possibilità (come abbiamo detto più lungamente qua). 

Il concetto di divenir-animale si ritrova in Mille piani di Gilles Deleuze e Felix Guattari come sintesi del piano di immanenza. Ma cosa intendono i due autori con il divenir-animale? 

Innanzitutto, il divenire non è una corrispondenza di rapporti e non è neppure una rassomiglianza o una imitazione di ciò che si vorrebbe divenire. Il divenire non è ascrivibile al progresso ma neppure al regresso: in esso non c’è movimento seriale o germogliante. Divenire, per Deleuze e Guattari, non produce altro che sé stesso, è come una falsa alternativa che ci porta a dire “o si imita o si è” perché ad essere reale è solo il divenire. Quindi il divenire-animale dell’uomo è reale, anche se non è reale l’animale che egli diviene. Non c’è evoluzione, progresso nel divenire, non c’è filiazione, gestazione, non produce nulla, anzi è proprio il suo contrario: è alleanza. Al limite, affermano i due filosofi francesi, potremmo pensare il divenire come una involuzione perché avviene tra elementi eterogenei, ma non è una regressione. È creazione che procede nel “tra”, in mezzo ai termini che ne hanno definito la linea di fuga. Divenire è un rizoma.

Il rizoma è una modificazione del fusto delle piante e svolge una funzione di riserva. Tra le altre sue caratteristiche c’è anche quella riproduttiva, poiché è dotato di gemme che permettono la nascita di nuovi fusti. Lo scopo di questa capacità è di permettere il superamento di condizioni climatiche avverse. Si presenta in forma allungata e ramificata, lineare, decorrente sotto la superficie del terreno. Anche le ninfee sono dotate di rizomi a livello delle radici, fissate sui fondali fangosi, ma anche a livello del fusto e delle foglie che nascono proprio dal rizoma sottostante. La metafora del rizoma è utilizzata da Deleuze e Guattari per definire un tipo di approccio che non sia solo verticale e germogliante ma che nasca dal nulla e vada in tutte le direzioni. E se l’esempio di questa condizione per Kierkegaard è il giglio, per Deleuze e Guattari è l’erba, il divenire-erba o il divenire-animale. Il divenir-erba per Deleuze e Guattari è il porsi nella condizione di essere in ascolto della vita, è il diventare tutt’uno con l’immanente che siamo. Il rizoma se vogliamo è il contrario dell’albero. Una struttura arborescente cresce dal basso verso l’alto, attraverso ramificazioni che creano un ordinamento gerarchico che stabilisce punti di crescita ben determinati. Il rizoma invece si sviluppa secondo un modello decentrato in cui non c’è gerarchia e in cui ogni parte può essere connessa a un’altra. Annullare il dualismo allora è una linea di fuga infinita nel divenire. Mentre in una visione arborescente si passa da un punto ad un altro, in una visione rizomatica si vive sulla linea di connessione, nello spazio che esiste tra i termini, nel “tra”, in mezzo, nelle fratture. Se l’albero ha bisogno del terreno, il rizoma è totalmente deterritorializzato, tra le cose, inter-essere, intermezzo, tra una nota musicale e l’altra.

Nessuno può sapere però quale stelo sotterraneo farà effettivamente rizoma o farà divenire, farà popolazione nel deserto di ognuno di noi collegandosi con qualcosa di totalmente inaspettato. Quindi la soluzione è: sperimentare. Solo sperimentando possiamo aderire al piano di consistenza che altro non è che l’intersezione di tutti i divenire. Una macchina immensa reale ed astratta, individuale e universale che raggruppa un’infinità di particelle sotto un’infinità di rapporti più o meno composti. Non è un piano progettuale, non è un disegno, la sua unità non ha nulla a che vedere con i progetti divini, ma è un piano d’esposizione, la macchina di tutte le funzioni le cui dimensioni aumentano a mano a mano che si interseca con individualità e molteplicità. Alla fine, il divenire-animale è solo un caso tra gli altri possibili sulla linea di fuga del piano di consistenza.

A questo punto, possiamo fare un passo in avanti: non c’è più bisogno di giungere al limite di non dire più “io”, ma al punto in cui non ha più nessuna importanza dire o non dire “io”. Non siamo più noi stessi. Ma in continuo divenire. Impariamo dalle piante: nelle piante, infatti, anche quando esse sono a radice, si creano dei fuori in cui esse fanno rizoma con qualche cosa che hanno intorno, che sia un essere umano, un uccello o un filo d’erba, coniugando i flussi. «Segui i flussi che l’acqua ha scavato – scrivono Deleuze e Guattari – così conoscerai la direzione dello scorrimento». E noi siamo in questo scorrimento, in questo flusso costante, rizomatico, creativo. L’unico modo per imbrigliare il rizoma è frenarne la sua esplicazione, cioè il desiderio che muove e produce. Ogni volta che un desiderio si arborifica, muore.

Per molti versi, la visione rizomatica dell’immanenza potrebbe oggi essere stata realizzata dalla rete prima e dal multiverso adesso. In fondo nel multiverso si creano connessioni lineari in cui tutto diventa possibile, il divenire nel piano di immanenza sembra essersi pienamente realizzato e noi non siamo più noi stessi ma una congiunzione continua non solo con ciò che ci sta più vicino ma anche con ciò che è lontanissimo da noi, sfruttando proprio quelle linee di fuga di cui parlavano Deleuze e Guattari. Il problema però, ed è qui che questa impressione deraglia completamente, è che Mille piani era stato scritto per destrutturare la dimensione capitalistica della realtà. Non a caso il sottotitolo del volume è proprio capitalismo e schizofrenia. Il tentativo era sostanzialmente quello di trovare una via di fuga da quella realtà imbrigliante che tendeva a costruirsi come una serie punti codificati riguardanti il mercato e il desiderio, il lavoro e il sesso e limitava il desiderare entro i recinti del capitale. Una sorta di libro liberazione da un sistema di gemmazione e arborificazione del desiderio. Aderire al piano d’immanenza, essere davvero oggi, connessi con il tutto intorno a noi, che è in noi, non darsi dei limiti al desiderare, divenire-animale e divenire-erba, costruirsi una vita non su un unico piano, ma su una infinità di piani, entrare in un divenire infinito senza sapere dove ci avrebbe portato, sembravano le uniche soluzioni di libertà possibile. L’unica soluzione in ultima istanza era sperimentare la molteplicità che siamo. 

Oggi che il capitalismo è diventato algoritmico, che si è impossessato del multiverso e ci permette di vivere un piano d’immanenza deciso da un sistema logico tipico del capitalismo delle piattaforme, anche quella che poteva essere una grandissima opportunità di liberazione si sta trasformando a poco a poco in un funzionamento disfunzionale che ci aggioga per nostra stessa decisione. La soggettività diventa divisibile all’infinito in quel piano d’immanenza multiverso e gli algoritmi non fanno altro che datizzarci nei minimi particolari per indirizzarci verso le scelte migliori da compiere. Lungi dal non avere più la necessità di dire o non dire “io”, oggi affermiamo con sempre più forza la datità del nostro io come emblema informazionale. Quello che ci resta è però la possibilità di leggere questa nuova realtà in cui ci siamo tuffati e proprio grazie ai mille piani che Deleuze e Guattari hanno individuato, ci hanno fornito le armi per combattere questo capitalismo a trazione algoritmica. Vedere le cose da punti di vista diversi, sentirsi parte di un tutto unico che non fa differenze tra noi e il resto. Avere linee di fuga in grado di portarci a conoscere la nostra vicinanza con una vespa come con un bruco, con un giglio come con un sasso. Dipende da noi come vedere le cose, dipende da noi accontentarci del multiverso del fast fashion della soggettività o andare oltre, tornare a sentire ed essere davvero oggi.

«Fate rizoma e non radice, non piantate mai! Non seminate, iniettate! Non siate né uno né molteplice, siate delle molteplicità! Fate la linea e non il punto! La velocità trasforma il punto in linea! Siate rapidi, anche stando sul posto!». Non delle idee giuste, ma giusto un’idea.

Riferimenti bibliografici

Deleuze, Gilles – Guattari, Félix. 2017. Mille piani. Salerno: Orthotes edizioni.

 

Photo by Shu Qian on Unsplash

Insegnante di Filosofia e storia nei licei umbri, è autore del libro "L'amore, la violenza e la filosofia", pubblicato nel 2022 da Arcana edizioni. Il suo interesse è concentrato soprattutto sul rapporto tra i mezzi d'intrattenimento e la filosofia.

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