Audacia e umiltà sono le due caratteristiche che deve possedere lo spirito filosofico affinché possa cogliere ciò che si nasconde nel grembo della natura. La filosofia, dunque, come abbiamo già detto, è scoperta e ricerca continua, inevitabile processo che deve confrontarsi con la logica e i fatti, che non può e deve sfociare in una esposizione personale e individuale. La filosofia, scrive Whitehead, è «l’auto-correzione ad opera della coscienza del suo iniziale eccesso di soggettività» (Whitehead 2019, 177). La filosofia, allora, non è specialistica e nemmeno settoriale: è il più ampio dei discorsi sopra la natura; la filosofia è tale nel momento in cui è – in definitiva – metafisica. Ma per entrare in questa esposizione metafisica del reale, nel senso più completo del termine, ovvero che oltrepassi il fisico ricomprendendolo in una logica organicistica, è necessario definire alcune «nozioni primarie che costituiscono la filosofia dell’organismo» (Whitehead 2019, 187) e sulle quali, quindi, si fonda Processo e realtà.
Entità attuali
La fiducia che Whitehead, contrariamente a quanto veniva professato dai suoi principali colleghi filosofi, ripone nella filosofia speculativa e, quindi, nella possibilità che essa possa perseguire un «obiettivo esplicativo», ovvero quello «di spiegare l’emergenza delle cose più astratte da quelle più concrete» (Whitehead 2019, 193), si ritrova nella definizione di un concetto basilare, quello di entità attuali. Esse, con una forzatura, possono essere assimilate agli enti; con le parole dell’autore esse sono «le cose reali finali di cui il mondo è fatto» (Whitehead 2019, 189). Al di là di esse non si trova qualcosa di più reale, persino Dio è un’entità attuale, così come i capelli e lo sporco di cui si chiedeva Platone. La differenza che si pone tra le entità attuali – che differiscono dall’ente soprattutto per il fatto di non essere autonome e individuali, ma soprattutto di essere «un processo» (Whitehead 2019, 261) – è una differenza di gradazione, non di natura, poiché «esse sono tutte sullo stesso livello» (Ibidem).
Il livello orizzontale sul quale si pongono le entità attuali le porta, inevitabilmente, a renderle interconnesse l’una con l’altra; esse, scrive ancora Whitehead, «sono gocce di esperienza, complesse e interdipendenti» (Ibidem). In altre parole, le entità attuali non sono definite, non escludono, non tagliano la realtà, piuttosto la connettono in una dinamica di continua riscrittura.
Infatti esse possono essere analizzate in un numero indefinito di modi, dice Whitehead. E qui analizzare significa studiare “da fuori”, ovvero dividere, sezionare, per poter individuare un aspetto dell’entità attuale. Questo, in breve, è il metodo scientifico: dividere il proprio ambito di studio in parti che possano essere prese singolarmente per poi ri-costituire un complesso. Per Whitehead ogni elemento subordinato di un’entità attuale è una «prensione». Ma la filosofia si deve elevare da questo modo di analizzare le entità attuali, poiché esso le separa e le ricostituisce: «la filosofia è esplicativa dell’astrazione, e non della concretezza» (Whitehead 2019, 193).
Questo percorso appare quasi come un ritorno a Platone, alla ricerca non tanto della materia di cui è composta la sostanza, piuttosto della definizione della “forma”, che è ciò che resta, ovvero del continuum che si rintraccia nei fatti. Per fare ciò, oltre a quanto già espresso, è necessario che la dottrina metafisica dell’organismo abbandoni l’idea di un «soggetto immutabile del cambiamento» (Whitehead 2019, 223). Ogni soggetto, infatti, «deve essere sempre interpretato come un’abbreviazione di “soggetto-supergetto”» (Ibidem), ovvero costituito continuamente del suo esperire e delle sue esperienze in una dinamica univoca che non può dividersi.
Continuo estensionale
Dopo aver definito per sommi capi le entità attuali è necessario concentrarci sull’assunzione metafisica secondo cui «le potenzialità reali relative a tutti i punti di vista sono coordinate come determinazioni diverse di un unico continuo estensionale» (Whitehead 2019, 351). Il continuo estensionale è «un complesso di entità unite dalle varie relazioni collegate» (Ibidem) è, ovvero, ciò che testimonia ed esprime la solidarietà di tutti i punti di vista e del processo del mondo. Il continuo estensionale, in altre parole, è uno schema generale delle relazioni, il collante dell’esperienza e dell’unità relazionale. In questo processo le entità attuali “atomizzano” il continuo estensionale, senza per questo dividerlo o ferirlo, poiché il loro essere atomi di esperienza del continuo estensionale si pone ad un livello non-metafisico. Le entità attuali, secondo una metafora geografica, rappresentano delle regioni del continuo estensionale che ciononostante va al di là della sua spazializzazione e temporalizzazione.
Con le parole di Whitehead: «il continuo estensionale è quell’elemento relazionale generale nell’esperienza per cui le entità attuali esperite e quella stessa unità dell’esperienza sono unite nella solidarietà di un mondo comune. Le entità attuali lo atomizzano, e così facendo rendono reale quello che precedentemente era meramente potenziale. L’atomizzazione del continui estensionale è anche la sua temporalizzazione o, meglio, essa è il processo di divenire dell’attualità in ciò che in se stesso è meramente potenziale» (Whitehead 2019, 373)
Universo pluralistico
Chiariti questi passaggi la natura organica della filosofia di Whitehead ci dovrebbe apparire più evidente e, per certi versi, anche più motivata e giustificata. La pienezza che descrive l’estensionalità del continuo non esclude nulla ma, anzi, ricomprende al suo interno ciascun movimento di “trasformazione” di ciò che è potenziale in reale. Il cambiamento è dunque compreso e capito all’interno di una riconosciuta attualità degli enti; in altre parole, conosciamo le cose nella loro “singolarità” che però si staglia inevitabilmente sulle relazioni che la sostengono, sulla solidarietà di cui è innervata. Conoscendo “una cosa” conosciamo “il mondo”, potremmo dire. Nessuna entità attuale, infatti, è una sostanza «caratterizzata da qualità essenziali e [che] rimane numericamente una in mezzo ai cambiamenti delle relazioni accidentali e delle qualità accidentali» (Whitehead 2019, 397). L’uno, per Whitehead, non esiste mai nella sua isolatezza.
Pertanto, scrive ancora il filosofo inglese, davanti a noi abbiamo due tracce, due vie alternative da percorrere in filosofia: pensare a «(i) un universo monistico con l’illusione del cambiamento e (ii) un universo pluralistico, in cui il “cambiamento” significa le diversità tra le entità attuali che appartengono ad una certa società di tipo definito» (Whitehead 2019, 397). Whitehead propende senza dubbio per questa seconda via risolvendo (almeno nelle sue intenzioni) l’annoso problema pluralismo/monismo, molti/uno non tanto “scegliendo” uno dei due estremi per fondare il proprio pensiero, quanto piuttosto scorgendo nella rete di relazioni e solidarietà che tiene insieme tutto il segno di una continuità e di una totalità che – come insegnava Bergson – non è mai data del tutto, è continuamente in fieri.
Riferimenti bibliografici
- Whitehead, Alfred North. 2019. Processo e realtà, (trad. it. M. R. Brioschi): Torino: Bompiani.
- Bonfantini, Mario. 1972. Introduzione a Whitehead. Roma-Bari: Laterza.
Articoli di questa serie già pubblicati
- Rovesciare lo schema: Processo e realtà di Alfred N. Whitehead (I) (15 settembre 2024)
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