L’ordine della sostanza e l’ordine delle relazione (III)

La nostra ipotesi ermeneutica è che, per intendere il senso della coesistenza dell’Unità e della Trinità, non si possa non fare ricorso alla distinzione di innegabile e inevitabile, ossia si debba introdurre una doppia prospettiva: la prospettiva dell’assoluto, che è una prospettiva “ideale” o “intenzionale”, e la prospettiva di chi si pone nell’universo in cui vige la finitezza (la prospettiva del relativo o “fattuale”). L’ipotesi della “doppia prospettiva” trova espressione anche in Agostino e precisamente nella forma della differenza tra il punto di vista della «sostanza» e quello della «relazione».

Scrive, infatti, Agostino nel De Trinitate:

«Dunque in Dio nulla ha significato accidentale, perché in Lui non vi è accidente, e tuttavia non tutto ciò che di Lui si predica, si predica secondo la sostanza. […] Infatti si parla a volte di Dio secondo la relazione [corsivo nostro]; così il Padre dice relazione al Figlio e il Figlio al Padre, e questa relazione non è accidente, perché l’uno è sempre Padre, l’altro sempre Figlio. […] Se invece il Padre fosse chiamato Padre in rapporto a se stesso e non in relazione al Figlio, e se il Figlio fosse chiamato Figlio in rapporto a se stesso e non in rapporto al Padre, l’uno sarebbe chiamato Padre, l’altro Figlio in senso sostanziale [corsivo nostro]. Ma poiché il Padre non è chiamato Padre se non perché ha un Figlio ed il Figlio non è chiamato Figlio se non perché ha un Padre, queste non sono denominazioni che riguardano la sostanza [corsivo nostro]. Né l’uno né l’altro si riferisce a se stesso, ma l’uno all’altro e queste sono denominazioni che riguardano la relazione [corsivo nostro]. […] Ecco perché, sebbene non sia la stessa cosa essere Padre ed essere Figlio, tuttavia la sostanza non è diversa, perché questi appellativi non appartengono all’ordine della sostanza, ma della relazione [corsivi nostri]»
(Agostino, De Trinitate, trad. it., p. 241).

Abbiamo citato quasi per intero il lungo passo di Agostino perché ci sembra che ponga con estrema chiarezza – e lo ribadisca più volte – che l’ordine della sostanza non è l’ordine della relazione. Ciò che Agostino definisce «ordine della relazione» corrisponde all’ordine che noi definiamo dell’inevitabile e cioè all’ordine empirico-formale, nel quale appunto la relazione costituisce la struttura su cui l’ordine poggia. In tale ordine, vige non l’unità, intesa come unità metafisica (ossia come l’uno assoluto), ma la molteplicità.
Di contro, l’«ordine della sostanza» configura l’ordine in cui le tres personae si risolvono nell’unità e questa risoluzione si esprime in un innegabile atto: l’atto del togliersi della molteplicità, perché solo l’unità è veramente intelligibile essendo autonoma e autosufficiente. Se, pertanto, Padre e Figlio sono per la sostanza, e cioè innegabilmente, Uno, per l’ordine della relazione, invece, sono inevitabilmente distinti e cioè sono Due.

Ad ulteriore chiarimento Agostino aggiunge: «Il Figlio dunque non può essere uguale che in senso assoluto. Ma tutto ciò che si afferma in senso assoluto concerne la sostanza; perciò l’uguaglianza del Figlio non può essere che in ordine sostanziale» (ivi, p. 243).

Il senso per il quale Padre e Figlio sono Uno è il senso della sostanza, che coincide con il senso dell’assoluto: se ci si pone idealmente dalla prospettiva (senso) dell’assoluto, allora solo l’assoluto è, perché l’Uno è l’innegabile ragione del togliersi del molteplice; meglio, l’Uno è l’innegabile ragione dell’essersi da sempre tolto del molteplice.

Va inoltre specificato che, se tra Padre e Figlio v’è identità (unità) nella sostanza, tra le cose create l’unità è il loro essersi da sempre tolte come molteplici e tale unità può venire intesa se, e solo se, esse vengono colte dal punto di vista dell’unità stessa, cioè dell’assoluto, cioè dell’innegabile. Se, invece, si parla di unità, ma a muovere dalla prospettiva del molteplice, allora si ha a che fare con l’unificazione, non con la vera unità. L’unificazione è la sintesi che mantiene la molteplicità. Di contro, l’unità si realizza solo nel perdersi del molteplice nell’Uno: «Dopo il Signore ci indica che egli è il Mediatore grazie al quale siamo riconciliati con Dio, con queste parole: Io in essi e tu in me, affinché siano consumati nell’unità» (ivi, p. 197).

Tra le cose create, insomma, si può configurare di fatto solo un’unificazione, una sintesi, una relazione, che viene intesa come comunanza nell’amore. L’amore, però, esprime una riconciliazione con Cristo che non è solo relazionale: le diversità che sussistono tra gli uomini vengono meno nell’unità del Cristo e l’unità di Cristo con Dio toglie ogni residua distinzione (dualità).

Ciò viene confermato da quanto Agostino dice a proposito del Cristo, il quale è costituito bensì di una duplice natura, umana e divina, ma solo se lo si pensa a muovere dalla relazione e cioè dalla prospettiva della finitezza. Se, invece, lo si pensa a muovere dalla sostanza, ossia a muovere dall’assoluto, che è il punto di vista di Dio – che l’uomo può intendere solo idealmente –, allora il Cristo in quanto uomo si toglie nel Cristo in quanto Dio. Il Figlio, dice Agostino, è «inferiore» a sé stesso in quanto uomo, oltre che «inferiore» a Dio e allo Spirito Santo: «È inferiore anche a se stesso, poiché di lui è detto: Esinanì se stesso; è inferiore allo Spirito Santo, perché egli stesso dice: Chiunque parlerà contro il Figlio sarà perdonato, ma non sarà perdonato chi avrà parlato contro lo Spirito Santo» (ivi, p. 45). Il Cristo-uomo è una determinazione, laddove il Cristo che si risolve in Dio è il suo inverare il mondo inverando sé stesso.
Ebbene, l’atto dell’inverarsi del Cristo è precisamente lo Spirito Santo, il quale non va inteso come ipostasi, cioè come medio, ma appunto come atto. Spirito è il trascendere ogni finitezza, inclusa la finitezza che è del Dio fattosi uomo.

Riferimenti bibliografici

  • Agostino, De Trinitate, trad. it. di G. Beschin, La Trinità, Città Nuova Editrice, Roma 1973.

 

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Università per Stranieri di Perugia e Università degli Studi di Perugia · Dipartimento di Scienze Umane e Sociali Filosofia teoretica - Filosofia della mente - Scienze cognitive

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