Amor vitae. L’organicismo estetico di Adriano Tilgher

Cenni di un’indebita rimozione
Che rapporto intercorre fra l’arte e la vita? Questo è l’interrogativo che attraversa tutta l’Estetica di Adriano Tilgher e che, al tempo stesso, rivela un pregnante quanto obliato confronto filosofico con Benedetto Croce. Di quest’ultimo si conserva memoria; di Tilgher invece si sono perse le tracce – lo dimostra l’anno dell’ultima riedizione della sua Estetica. Teoria generale dell’attività artistica – Studi critici sulla estetica contemporanea: 1944 (la prima edizione è del 1931). Eppure, il suo pensiero non sfigura per profondità e densità concettuale di fronte al suo più noto contemporaneo. L’opinione che Croce riservava nei confronti del giovane Tilgher è testimoniata da una lettera del 24 Marzo 1908, indirizzata a Gentile, in cui lo apostrofava come «un giovane che credo potrà fare assai bene in filosofia, perché ha già una coltura estesissima dei classici e mostra molta serietà di mente» (Croce 1981, 288). Ciò avveniva ventitré anni prima della pubblicazione della sua opera, in cui il distacco intellettuale dal maestro è più che tangibile. La stima è stata per lungo tempo reciproca, come si evince dal loro carteggio (Croce-Tilgher 2004), che sarà interrotto a causa di qualche contrasto nel 1911 e ripristinato nel 1921 grazie all’individuazione di un nemico comune – Giovanni Gentile, contro il quale Tilgher si mostrerà particolarmente critico (cfr. Tilgher 1925 e Tilgher 1938) – per poi interrompersi definitivamente poco tempo dopo a causa di distanze intellettuali incolmabili.

La sua Estetica rappresenta dunque anche un commiato filosofico al suo maestro; l’epilogo di un articolato e tormentato rapporto intellettuale.

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