La concretezza della metafisica

L’origine editoriale del termine metafisica (metà tà physiká, ovvero i libri di Aristotele che si trovavano dopo la Fisica) rappresenta da sempre anche una sfumatura che caratterizza e identifica quest’area di interesse della filosofia. Eppure, al giorno d’oggi, la metafisica non gode affatto di una stima nel discorso filosofico e sembra essere invisa ai più e dimenticata: nelle università, ad esempio, non ci sono cattedre di metafisica e pochissimi corsi la riguardano esplicitamente, se non nelle facoltà teologiche (e questo ci dice molto). La metafisica ha acquisito una certa familiarità con la mistica, con qualcosa di esoterico e che esce dal perimetro del discorso filosofico e, così facendo, essa si è eclissata, fin quasi a diventare qualcosa di laterale e indicibile. La metafisica è dunque nascosta, de-valorizzata, ritenuta una riflessione più vicina alla fede, ammantata di una certa oscurità.

Massimo Cacciari, Metafisica concreta

Ta metà tà physiká
Le cose che stanno “oltre” la physis
sono l’oggetto della riflessione metafisica. È questo il messaggio principale passato attraverso la rilettura dell’aristotelismo e che si è propagato in un atteggiamento superficiale del sapere. La decostruzione del “dualismo” aristotelico di fisica e metafisica, così come la dimostrazione che su queste basi fallaci si fondi l’equivoco della Scolastica Medioevale, sono elementi che Massimo Cacciari affronta nelle prime pagine del suo nuovo libro Metafisica concreta (Cacciari 2023). Il filosofo veneziano si concentra inoltre, in questa prima parte del volume, sul limite che viene imposto alla metafisica, ovvero quello di doversi occupare solamente della questione del fondamento. Una doppia caratterizzazione che segna il campo della metafisica e, in un certo qual modo, la rappresenta fin da subito come sostanzialmente diversa dalla più salda epistéme.

Al contrario, dice Cacciari, in Aristotele il rapporto tra fisica e metafisica è continuativo e soprattutto, nel programma del greco, «la fisica deve farsi meta-fisica per assumere statuto teoretico […]. La metafisica costituisce il necessario compimento della fisica teorica. […] La metafisica ‘salva’ la fisica dall’essere mera descrizione dei caratteri dell’ente e ne garantisce il valore teoretico» (Cacciari 2023, 66).

La metafisica, quindi, in Aristotele è parte integrante del filosofare. Essa sorge dall’interrogazione che si genera grazie allo scuotimento del thaumázein, ma è anche figlia dell’insoddisfazione per il fenomeno, per la sua singolarità data e svincolata dal contesto. In questo senso, metafisica è filosofia e i due termini sono pressoché sovrapponibili.

La scure del Novecento
Metafisica concreta inizia quindi con un chiarimento di carattere teoretico, ed è grazie a questo che Cacciari può avviare un processo di rilettura della storia della filosofia occidentale. Il testo, infatti, dedica un’ampia sezione all’analisi dei maggiori (e più influenti) sistemi filosofici, dai greci al Novecento, guidata, per lo più, da un duplice interesse: in primo luogo, analizzare il rapporto fra scienza e filosofia (o per dirla in altri modi: tra epistéme e metà tà physiká; tra fisica e meta-fisica); e, in secondo luogo, far emergere le contraddizioni insite nella pretesa di autosufficienza di ciascuna “disciplina”. Relativamente a quest’ultimo punto, in altre parole, Cacciari mostra la necessità che ogni disciplina, che ogni branca del sapere, si connetta alle altre per poter r-esistere. Non c’è, infatti, possibilità che le scienze nella loro singolarità diano conto di tutto e, soprattutto, esse non riescono mai a dare conto della aporeticità dell’ente di cui si occupano (questo è un tema che Cacciari ha lungamente trattato nel suo precedente libro, Labirinto filosofico, Cacciari 2014, e su cui tornerò di seguito).

Il Novecento filosofico – caratterizzato dal platonismo rovesciato di Nietzsche, dal congedo dalla metafisica di Heidegger, e lo svilupparsi sempre maggiore di una tendenza “totalizzante” della scienza (le cosiddette teorie del tutto, il dominio della tecnica) – ha rappresentato un trauma per la metafisica. E, in un certo senso, l’espressione massima della distanza fra la filosofia e la ricerca metafisica; distanza che tuttora è attiva e che richiamavo all’inizio. L’operazione di Massimo Cacciari è quindi proprio quella di recuperare una metafisica che abbia attraversato compiutamente (Aufhebung, verrebbe da dire) questo trauma. La metafisica concreta deve possedere due caratteristiche: (1) deve essere capace di guardare all’ulteriorità, all’oltre insito in ogni cosa, in ogni fenomeno, in ogni determinazione; (2) deve essere all’altezza del progresso scientifico, posizionandosi di nuovo in una continuità anti-dualistica.

L’oltre del fenomeno
Che la metafisica concreta debba essere capace di indagare l’oltre del fenomeno significa rileggere la singolarità dell’ente in una logica di connessioni e rapporti che sono infinitamente da scoprire. La determinazione del fenomeno, per Cacciari, non è mai una definizione totale del singolo ente, ma è una costante approssimazione: il detto è avvolto dal non-detto, lo svelarsi del fenomeno si staglia su un oceano velato di cui la metafisica deve occuparsi: «la metafisica si muove dunque sul confine, o piuttosto sulla soglia, mai determinabile una volta per sempre tra osservabile e inosservabile» (Cacciari 2023, 413).

Ogni essente, quindi, non appare che nella sua forma singolare e allo stesso tempo (sarebbe meglio dire, “allo stesso modo”) nel rapporto infinito alla totalità, «all’ápeiron onniavvolgente» che «non è un vago Astratto, ma proprio Physis, ‘ciò’ che si rivela nell’indefinito numero dei kósmoi e in sé di nuovo li riassume» (Cacciari 2023, 409). L’ente è quindi collegato alla rete di connessioni che lo rendono tale e che quindi lo determinano: studiare l’ente nella sua singolarità significa decidere di perdersi tutte le sue reti, guardare al cervello e abbandonare il sistema nervoso periferico. Questa è la scelta che compie la scienza fisica: non occuparsi dell’oltre, di ciò che risiede dopo la soglia sulla quale invece si posiziona la ricerca metafisica. Al contrario di ciò che si possa pensare – e proprio per ribadire la sua radicale concretezza – la metafisica non abbandona mai l’ente e la sua singolarità, poiché il suo oggetto è sempre il fenomeno ma non nella sua determinatezza, bensì nell’infinita indicibilità di ciò che lo avvolge: «Lo sguardo metafisico sta così radicalmente accanto a tà physiká, ne ha così essenzialmente cura, ne è tanto phìlos da cercare di esprimerli secondo ‘ciò’ che ne oltrepassa l’osservabilità, alla luce di ‘ciò’ che secondo l’ordine del tempo appare di essi indicibile» (Cacciari 2023, 412), scrive Cacciari nelle migliori pagine del suo libro.

Come aveva già ampiamente detto in Labirinto filosofico, attraverso questa riprogrammazione della metafisica, Cacciari non ha intenzione di derubricare l’ente o il phainómenon, come invece ha fatto tutta quella tradizione metafisica che ha visto nella realtà l’errore e nella “cosa in sé” la verità inscalfibile. Al contrario, l’ente nella sua finitezza-infinitezza è tanto fenomeno quanto svelamento continuo della traccia che mantiene all’essere. Scriveva Cacciari in Labirinto filosofico: «potremmo dire – a commento di Severino e in discussione con lui – che la Luce o il Cielo della verità degli essenti non si manifesta mai nella finitezza dell’apparire: vi si ri-vela soltanto» e che al contempo «l’oltrepassamento della concezione dell’ente come oscillante divenire tra non-è e non-è non può significare annichilimento della finitezza dell’evento. Nel suo apparire siamo immersi. […] Oltrepassare la concezione nichilistica del tempo e del divenire non può coincidere con il superamento della finitezza» (Cacciari 2014, 47-48).

Scienza e metafisica
Se il fenomeno, l’ente, è l’oggetto d’indagine tanto della scienza quanto della metafisica (con prospettive diverse, certo), l’analogia fra i due vertici del sapere presi in esame funziona soltanto se questi intendono avvicinarsi, riflettendo l’una sull’altra. La scienza deve infatti riconoscere il carattere metafisico insito all’interno della volontà di sapere e la natura ulteriore che ogni singolarità manifesta; la metafisica (o filosofia) deve riaffermare senza vergogna la propria atopicità, il suo essere segno di contraddizione. In altre parole, dice Cacciari, non si può far scienza senza avere un’idea concreta della metafisica, e viceversa. Ovvero non si può filosofare senza avere coscienza del potere scientifico e del suo rapporto con la metafisica; rapporto che non dev’essere né di subordinazione né di dissoluzione dell’una nell’altra.

L’essente è per sua costituzione aporoúmenon che contiene in sé la domanda di un oltre di cui è impossibile dare totale contezza. Ciò tuttavia, come abbiamo visto, non conduce a un nichilismo in cui il non-conosciuto oscura ciò che si sa: piuttosto in questo la metafisica si avvicina al processo conoscitivo della fisica contemporanea che ha fatto propria la dottrina popperiana della filosofia della scienza: si procede verso un’approssimazione sempre più perfetta.

Conclusioni
L’espressione Metafisica concreta – un richiamo esplicito all’opera incompiuta del pensatore russo di inizio Novecento, Pavel Florenskij – può inizialmente apparire come una provocazione, e in parte lo è. Tuttavia, la concretezza che Cacciari rivendica per il pensiero metafisico è parte di un processo di riscoperta della filosofia e una critica al pensiero “magico” che ha fatto della metafisica un discorso prettamente congetturale, fideistico.

L’idea per cui la metafisica non debba occuparsi (solo) del fondamento, bensì delle espressioni continue del darsi dell’Essere, ovvero dei filamenti che tessono le trame del cosmo (ne parlavo in questo articolo, soprattutto relativamente a Godani, 2021), è un modo per porre lo sguardo sulle connessioni, sui rapporti. Questo ha inevitabilmente anche ricadute politiche, che Cacciari lascia solamente intuire e non approfondisce, ma in termini filosofici apre uno squarcio nei confronti del reale e soprattutto si dedica alla «complessità inesauribile dei nessi che lo formano» (Cacciari 2023, 408-409).

Metafisica concreta è quindi un testo che prova a rispondere all’inesauribile domanda sulla aporeticità del reale, unione di finito e infinito, possibile e determinato. La Physis pratica dunque nascondimenti continui all’interno dei quali la filosofia, o la metafisica, si deve incuneare alla scoperta di tutto quello che c’è e non è apparentemente visibile. Ciononostante non deve (e non può) pensare che questa scoperta “dal basso” riveli nella sua totalità la concatenazione del Tutto (è questo il grande limite di parte della fisica novecentesca): piuttosto dovrà riconoscere, con Spinoza, che l’intuizione dell’Assoluto non è mai lo stesso sguardo che la Natura ha su di sé: alla visione totale delle cose sub specie aeternitatis si perviene soltanto attraverso un’intuizione di pienezza, talmente vera, talmente reale, da apparire concreta.

Riferimenti bibliografici

  • Cacciari, Massimo. 2023. Metafisica concreta. Milano: Adelphi.
  • Cacciari, Massimo. 2014. Labirinto filosofico. Milano: Adelphi.
  • Godani, Paolo. 2021. Il corpo e il cosmo. Vicenza: Neri Pozza.

Foto di Alina Grubnyak su Unsplash

Saverio Mariani è nato a Spoleto (PG) nel 1990, dove vive e lavora. È laureato in filosofia, lavora nel mondo della comunicazione e della formazione. Redattore di questa rivista, ha pubblicato il saggio filosofico Bergson oltre Bergson (ETS, Pisa, 2018). Il suo blog sito è: attaccatoeminuscolo.it

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