Eravamo pervenuti non soltanto al punto per il quale il nulla «come significato autocontraddittorio» si costituisce di due momenti: «l’incontraddittorio nulla» (o «l’assoluta negatività») e «il positivo significare del nulla», ma anche alla precisazione ulteriore, che consiste nel fatto che «si potrà comunque usare il termine essere per indicare l’intera struttura del positivo significare del nulla (per indicare cioè l’intera struttura di ciò che vale come momento semantico [«il positivo significare del nulla»] del significato autocontraddittorio “nulla”)» (Severino 1981, 214).
In tal modo, non solo il «termine “essere”», valendo come sintesi di essere formale e di significati determinati, esprime una sintesi, dunque una struttura, ma anche il «nulla», nella misura in cui il suo positivo significare può venire espresso con il «termine essere», esprime, esso stesso, una struttura. Tutto il discorso di Severino è funzionale a questo approdo: attribuire una struttura all’assoluta negatività, individuando in essa una positività.
Se, infatti, non la esprimesse, se fosse solo assoluta negatività, come di primo acchito si sarebbe portati a pensare, allora non si spiegherebbe come il nulla possa includere nella struttura del suo significato il riferimento all’intero semantico, cioè all’assoluto essere: «[l’] altro dall’intero [appunto, il nulla], implica addirittura la presenza dell’intero» (Severino 1981, 214). L’essere, cioè l’intero semantico, viene così implicato dal nulla. Che il nulla diventi l’implicato dall’essere, questa è la naturale conseguenza.
Proviamo a ricapitolare il discorso. Abbiamo visto che non soltanto l’essere è sintesi – dell’essere formale e delle determinazioni dell’essere –, ma che pure ogni singolo ente (ogni significato, ogni contenuto pensabile) è una sintesi semantica tra la positività del significare di quel significato e il suo contenuto determinato, che è appunto ciò che viene significato. Qual è, allora, la specificità del significato «nulla»?
Giunti a questo punto dell’indagine e in estrema sintesi, potremmo fornire questa risposta: non soltanto il suo configurare un «significato autocontraddittorio», ma altresì il suo presentare, all’interno del nulla inteso come significato autocontraddittorio, una positività, che può venire definita «l’essere del nulla», in modo tale che l’aporia, se intesa nel senso indicato, risulta risolta.
Così esprime il concetto Severino: «L’aporia dell’essere del nulla è risolta col rilevare che il principio di non contraddizione non afferma la non esistenza del significato autocontraddittorio di cui si è discorso nel paragrafo che precede; ma afferma che “nulla” non significa “essere” […]; ossia esige l’inesistenza della contraddizione interna al significato “nulla” che vale come momento del significato autocontraddittorio» (Severino 1981, 215).
In effetti, per quanto concerne l’affermazione che «“nulla” non significa “essere”», abbiamo cercato di mostrare come, a rigore, se si afferma che il nulla implica l’essere, e viceversa, si finisce inesorabilmente per affermare la loro identità, e ciò come conseguenza di quanto a più riprese afferma lo stesso Severino. Ma ora questo aspetto non ci interessa.
Ci interessa, invece, precisare questo punto: secondo Severino, ciò che esige il principio di non contraddizione è che non vi sia contraddizione all’interno del significato «nulla», inteso come «momento del significato autocontraddittorio». Dunque, ciò che si esige è che il significato «nulla», inteso come l’assoluta negatività, sia in sé incontraddittorio.
Tuttavia, ciò non è sufficiente. Si esige, inoltre, che quell’incontraddittorio nulla non valga soltanto come l’assolutamente negativo, ma esprima anche una positività, che possa valere come qualcosa che è ed è incontraddittoriamente: «Si dice dunque che il nulla è, nel senso che un positivo significare – un essere – è significante come l’assolutamente negativo, come “nulla”, appunto; ossia è significante come quel “nulla” che, esso, non è assolutamente significante come “essere”» (Severino 1981, 215).
L’esigenza di Severino, quindi, è duplice: non soltanto affermare che il «nulla» non è «assolutamente significante come “essere”», il quale, reciprocamente, non è assolutamente significante come «nulla» (in tal modo, egli sottrae il nulla alla contraddizione, per il suo non significare ciò che significa l’essere), ma altresì attribuire un essere al nulla: «Pertanto il nulla è, nel senso che l’assolutamente negativo è positivamente significante» (Severino 1981, 215).
V’è, pertanto, un senso in cui il nulla è, ma ciò non genera aporia. Non la genera perché il nulla non è l’essere, così che il principio di non contraddizione è fatto salvo; e tuttavia, il nulla è significante: è bensì significante come l’assolutamente negativo, ma positivamente significante e per tale ragione ha senso attribuire l’essere al nulla.
In conclusione: proprio in forza del nulla inteso quale significato autocontraddittorio e, in particolare, per la positività del suo significare, che decreta l’essere del nulla, si può escludere che l’essere non sia, perché la negazione del nulla non è negazione-nulla: «È cioè necessario, affinché si possa escludere che l’essere non sia – che cioè sia non essere –, che il non essere sia; ossia che sussista il significato autocontraddittorio in cui consiste quell’essere del non essere» (Severino 1981, 216). Infatti, se il significato «nulla» indicasse solo l’assoluta negatività, allora «escludere che l’essere sia nulla sarebbe un non escluder nulla, poiché l’esclusione non avrebbe un termine su cui esercitarsi» (Severino 1981, 216)
L’essere del nulla consente, insomma, la posizione del principio di non contraddizione: «Se il significato “nulla” contraddice dunque la positività del suo significare […], è proprio per questa contraddizione – che è autocontraddizione […] – che può sussistere il principio di non contraddizione» (Severino 1981, 216). L’esistenza del principio di non contraddizione, a sua volta, fonda l’essere nel suo non essere nulla: «È cioè necessario, affinché si possa escludere che l’essere non sia – che cioè sia non essere –, che il non essere sia» (Severino 1981, 216).
Del resto, aggiunge ancora Severino per dimostrare la fondatezza di quanto ha affermato, supporre che il nulla sia soltanto l’assoluta negatività è supposizione autocontraddittoria, perché si può dire che il nulla è proprio nulla solo per la ragione che «il nulla è manifesto, e quindi è questo non esser proprio nulla» (Severino 1981, 216).
Se non che, un nuovo problema si affaccia: se l’essere si pone come essere solo in quanto nega il non essere, allora non soltanto il non essere è essenziale alla posizione dell’essere – e questo Severino non soltanto lo accetta, ma lo sostiene con forza –, ma altresì l’essere postula la negazione: si pone come essere soltanto mediante la negazione del nulla.
Ciò non fa che riproporre, usando altre parole, quanto vale per il principio di non contraddizione, il quale si pone in forza della negazione che pretende di negarlo. È ben vero che questa negazione, poi, si nega, ma senza di essa e senza il suo negarsi il principio non si porrebbe. Severino esclude che il principio si fondi sulla negazione, ma non argomenta questa sua esclusione: «[ciò] non significa affermare che la negazione di tale principio sia la condizione del costituirsi di esso […]; ma che il principio di non contraddizione si costituisce solo in quanto il nulla sussiste come significato autocontraddittorio» (Severino 1981, 216).
Non di meno, le difficoltà, almeno a nostro giudizio, non si fermano agli aspetti che abbiamo fin qui messo in evidenza. Un’altra difficoltà ci pare consistere in un’incoerenza che ravvisiamo tra due enunciati. Da un lato, Severino scrive: «è chiaro allora che il significato “nulla” è un significato autocontraddittorio, ossia è una contraddizione» (Severino 1981, 213). Dall’altro, egli vuole escludere che la contraddizione diventi il fondamento del principio di non contraddizione, e pertanto nega questa conclusione, «che la contraddizione è il fondamento sul quale può realizzarsi lo stesso principio di non contraddizione» (Severino 1981, 210).
La domanda che poniamo è: lo si può veramente escludere? A noi sembra di no. Se il principio di non contraddizione – secondo la formulazione datane da Severino – si pone escludendo il nulla come significato autocontraddittorio e se il significato autocontraddittorio è una contraddizione, allora il principio si pone come esclusione della contraddizione, così che quest’ultima, ancorché come esclusa, è la condizione del costituirsi del principio. E, poiché la contraddizione è la negazione del principio, allora si verifica – anche da questo punto di vista, che conferma quanto detto in precedenza – proprio il caso che Severino intendeva escludere e cioè che «la negazione di tale principio sia la condizione del costituirsi di esso» (Severino 1981, 216).
Vogliamo riflettere ulteriormente su questo importantissimo punto. Rileviamo che la contraddizione è essenziale all’emergere del principio anche a causa del modo formale di intendere la negazione, secondo quanto abbiamo indicato all’inizio del presente articolo. Infatti, la negazione, che compare nel principio (il «non» prima di «contraddizione»), si pone determinatamente a condizione che si ponga la contraddizione, che è ciò su cui la negazione si esercita. Anche per questa via, dunque, si arriva alla medesima conclusione: contrariamente a quanto affermato da Severino, la negazione del principio (ossia la negazione della negazione del principio, che è la contraddizione) è la condizione del suo costituirsi come principio.
A nostro giudizio, insomma, che il nulla si costituisca come significato autocontraddittorio non sposta di una virgola il problema, e cioè non elimina la necessità della contraddizione per il costituirsi del principio. Si tratta, infatti, solo di un caso particolare di uno status che vale per ogni negazione, la quale necessita del porsi del negato per configurarsi come negazione di esso. Naturalmente, ciò accade se, e solo se, la negazione viene intesa in senso formale, ossia come la funzione logica del negare, che si dispone estrinsecamente su ciò che pretende poi di negare (il tema è stato trattato anche in Stella 2015a, 47-70; Stella 2015b; Stella 2016, 318-339).
Né cambia le cose la precisazione apportata da Severino: «Il costituirsi del principio di non contraddizione non esige pertanto che l’autocontraddittorietà del significato “nulla” non sia tolta, ma esige il campo semantico costituito da questo significato autocontraddittorio» (Severino 1981, 216-217.) Da un lato, dunque, il principio non richiede che l’autocontraddittorietà del significato «nulla» non venga tolta; dall’altro, il campo semantico delineato dal nulla deve necessariamente sussistere. E così, sempre secondo Severino, l’autocontraddittorietà viene tolta nel momento stesso in cui viene posta, ossia nel momento in cui viene riconosciuta come tale.
Il campo semantico del nulla, che coincide con quanto viene positivamente significato da tale semantema, invece, non può non sussistere (permanere), dal momento che risulta essenziale per porre il campo semantico dell’essere, cioè l’intero semantico.
In tutto il discorso che è stato svolto rimane inespressa l’esigenza fondamentale della forma, la quale, proprio perché inespressa, non viene neppure motivata. L’esigenza è che l’essere venga semantizzato. Qui facciamo semplicemente notare che, se si dicesse che la semantizzazione dell’essere viene richiesta anche dalla negazione dell’essere stesso, ciò non farebbe che mostrare la risoluzione del pensiero nel linguaggio: l’universo formale, infatti, postula la determinatezza dell’essere, perché solo in quanto determinato l’essere può venire espresso (detto) e, eventualmente, negato.
Di contro, il pensiero emerge sul linguaggio, perché ne coglie il limite, e pensare l’essere non significa ridurlo a pensato, giacché l’essere costituisce la condizione inoggettivabile di ogni oggettivazione.
Riferimenti bibliografici
- Severino, Emanuele. 19812. La struttura originaria. Milano: Adelphi.
- Stella, Aldo. 2015a. Innegabile e inevitabile: genesi e valore ermeneutico di una distinzione intrinsecamente teoretica, in «Verifiche», XLIV, 1-4.
- Stella, Aldo. 2015b. Realtà naturale e atto di coscienza. Milano: Guerini e Associati.
- Stella, Aldo. 2016. Incontraddittorio e principio di non contraddizione. Una distinzione teoreticamente necessaria, in «Giornale di Metafisica», NS, XXXVIII, 1.
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