Abbiamo concluso il precedente articolo affermando che guardare oltre l’ego è cercare nella verità il proprio fine e il proprio fondamento. Precisamente sul tema del fondamento intendiamo ora riflettere, per concludere la presente ricerca.
Ebbene, il fondamento autentico non è includibile nel sistema che fonda: verrebbe ridotto a fondato. A tale fondamento, pertanto, l’intenzione pura si volge intendendo perdersi in esso.
Il perdersi nella verità, dunque, si capovolge nell’unica, autentica salvezza: solo chi non ha paura di perdersi si salverà, recitano i Vangeli (Mt 16, 25; Lc 17, 33; Gv 12, 25), e solo perdendosi nella verità l’io si trova veramente, cioè si realizza pienamente come uomo libero.
Se l’io, infatti, intende affidare l’intera sua esistenza alla verità, allora è la verità che diventa il centro, trasformandosi in un fondamento che è bensì interiore, ma non esclusivamente interno.
La verità è un fondamento interiore, perché l’io non si rivolge alle cose fuori di lui, ma conduce un continuo dialogo con sé medesimo. E tuttavia, questo dialogo interiore non produce una chiusura dell’io, ma anzi vale come la sua apertura verso l’ulteriore, come il suo supremo atto di libertà.
L’io, nel suo dialogo, si rivolge ad una intelligenza assoluta, l’unica che potrebbe dire come stanno effettivamente le cose e l’unica che potrebbe esprimere un giudizio vero sui comportamenti e sui pensieri dell’io stesso.
È proprio a questa intelligenza che l’io si rivolge e dalla quale chiede di essere illuminato e giudicato, per comprendere i propri limiti, i propri errori e, dunque, come migliorarsi e come comportarsi secondo giustizia.
Quando l’io è animato da questa limpida intenzione di mettersi a nudo di fronte alla verità, non può non pacificarsi, perché ha svolto interamente il suo compito.
Ciò che accade nella storia dell’io, quando la sua intenzione si affida interamente al bene, non può che essere bene, anche se allo sguardo miope dell’ego alcuni eventi possono sembrare un “male”.
Con questa consapevolezza, l’io riesce a trovare pace con sé stesso e con il mondo, cioè con gli eventi della vita, perché sa che solo l’intenzione pura legittima comportamenti e pensieri.
Certo, la pacificazione costituisce uno stato che viene continuamente perduto e, pertanto, deve venire continuamente riconquistato.
Se è facile perdere la fede, e dunque la pacificazione, non di meno l’io deve sempre individuare la strada per ritrovarla e metterla al centro della propria vita.
Una fede, vogliamo ripeterlo, non superstiziosa o credula, ma una fede eroica, che si fonda sulla ragione e che, proprio in virtù della ragione, di quest’ultima coglie il limite.
Una fede che, accettando di affidarsi a ciò che non può venire determinato e controllato, emerge sulla ragione stessa.
Il vero errore, pertanto, è pretendere di possedere la verità, di afferrare Dio, di sperimentarlo.
La salvezza, di contro, consiste nell’essere posseduti da essa, nell’affidarsi ad un Dio che non è una presenza determinata, ma che è presente solo come assente.
La sua assenza, fortissimamente avvertita dall’uomo, spinge quest’ultimo ad una ricerca che non ha mai una fine empirica, ma solo un compimento ideale, cioè un compimento che si realizza nell’intenzione che si affida a ciò cui si volge.
La verità che si sottrae alla sua riduzione a determinazione mantiene sempre viva la ricerca e impedisce di considerare vero ogni punto di approdo, così che risulta insensato imporre ad altri le proprie certezze, perché non coincidono mai con la verità cercata.
La certezza mantiene carattere soggettivo; la verità si intende che valga come autenticamente oggettiva.
Questa consapevolezza comporta il superamento della logica della certificazione.
Se l’ego ha un incessante bisogno di certezze e le cerca ovunque, per sentirsi confermato e per ottenere il consenso, allorché l’io si avvede che ogni certificazione è vana, giacché solo la verità offre una vera garanzia, allora rinuncia alle certificazioni empiriche e sceglie la fede autentica.
Scegliendo la fede autentica, l’io si emancipa dalle certezze del mondo, realizzando l’unica libertà autentica che è possibile realizzare nel mondo: la libertà dal mondo stesso.
Precedenti articoli di questa serie già pubblicati
— Fede e libertà (IV) (12 gennaio 2025)
— Fede e libertà (III) (8 dicembre 2024)
— Fede e ragione (II) (10 novembre 2024)
— Che bisogno abbiamo della fede? (I) (13 ottobre 2024)
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