Che cosa sono analisi e sintesi?

In questa serie di articoli nei quali proviamo ad indagare filosoficamente il significato di alcuni termini di uso comune, non tanto per mostrarne l’errato utilizzo quanto piuttosto per arricchirne il senso e darne una lettura di più ampio respiro, abbiamo per forza avuto un approccio analitico in alcuni momenti. L’analisi, infatti, è uno dei versanti del processo gnoseologico che più comunemente si intende come il nostro processo gnoseologico. L’altro lato di questo promontorio è la sintesi. Analisi e sintesi, quindi, vanno a comporre una diade conoscitiva che per lo più intendiamo come lineare e collegata.

Nel tentativo di proporre una definizione: l’analisi è la scomposizione di un elemento che si vuole conoscere; la sintesi è la ricomposizione alla luce di ciò che si è inteso dello stesso elemento. L’osservazione analitica (lo si dice pure delle persone, dell’approccio che hanno nei confronti del modo di conoscere le cose) è orientata verso i punti che compongono le figure, mentre lo sguardo sintetico ci racconta di una “astrazione” che è riassemblaggio di parti suddivise. 

Il ruolo dell’esperienza
Nella modalità più comune di definire questi due momenti della conoscenza c’è un oggetto che si sottintende sempre: l’esperienza. Quale che sia l’oggetto “reale” al quale si applica uno dei due versanti del processo gnoseologico, si dà sempre per scontata l’esistenza di un fenomeno (anche mentale, anche astratto, un ragionamento) del quale si tenta di ricostruire il perimetro e l’influenza. 

Il metodo scientifico moderno, quello galileiano, si basa proprio su questa dinamica di osservazione, scomposizione e ricomposizione di un tutto limitato che viene infine “giudicato” per mezzo di una necessaria dimostrazione, che mette la parola fine sull’intero percorso. Lo stesso Cartesio elaborerà una versione analoga di questo metodo di conoscenza (seconda e quarta regola sono esplicitamente l’analisi e la sintesi per come la intende il «buon senso», come scrive il filosofo francese) certo che la fusione dei principi delle tre discipline da cui aveva tratto ispirazione, ovvero logica, geometria e algebra, potessero garantire la scientificità delle proprie affermazioni (cfr. Cartesio 2000, 15). 

In questo senso, allora, ragione ed esperienza, induzione e deduzione, sono sempre collegati e non possono prescindere l’uno dall’altro, così come analisi e sintesi. Infatti, una sintesi non ha senso se non è preceduta da un’analisi di qualche tipo (anche preliminare, incompleta e non per forza rispondente al vero), così come un’analisi che rimane tale senza evolvere verso una sintesi è amputata nelle sue possibilità. 

Un altro versante
Eppure, come quando si osserva una montagna da una sola prospettiva e poi si cambia punto di osservazione, inoltrandoci in una diversa vallata, analisi e sintesi possono rappresentare anche altro. Infatti, oltre questo primo e più immediato modo di intendere i due corni del processo gnoseologico, c’è un modo di pensare la conoscenza non necessariamente in rapporto con l’esperienza empirica dei fenomeni finiti. La conoscenza, dunque, non è solo conoscenza dei fatti, delle cose, dei fenomeni, è anche conoscenza dei rapporti, delle dinamiche e delle reti che tengono “a galla” le cose. Kantianamente, esistono sì i fenomeni empirici ma contestualmente percepiamo che sussiste altro, un lato più oscuro (la cosa in sé) sul quale lo sguardo analitico-sintetico non arriva a gettare luce in maniera sufficiente. 

Se, invece, la filosofia è capace di introdurre una qualche forma di conoscenza anche in quella che chiamiamo per comodità cosa in sé (l’essenza delle cose, il loro rapportarsi con le altre e con il fluire costante dell’apparire), è necessario intendere analisi e sintesi secondo una prospettiva leggermente diversa, allargandone il campo d’azione. 

L’analisi, allora, si va a definire come una ricognizione esterna delle cose, la ricostruzione attraverso immagini e nomi di ciò che “vediamo” e ci rappresentiamo al di fuori di noi. Queste cose, questi fenomeni finiti, vengono allora arbitrariamente definiti e parzializzati, estratti dalla rete di connessioni che li rendono tali. Ciò ha però una conseguenza ben evidente, perché, come scrive Schopenhauer: «dall’esterno non si potrà mai giungere all’essenza delle cose: per quanto si ricerchi, per questa via non si troveranno mai altro che immagini e nomi» (Schopenhauer 2013, 146). Continua il filosofo tedesco, tracciando una felicissima immagine, che è come girare intorno a un castello cercando l’entrata e non riuscendo a penetrare all’interno, però nel frattempo disegnando qualche traccia delle facciate. 

La sintesi, per superare questa esteriorità rispetto alle cose che conosce, non può limitarsi ad essere una ricostituzione di ciò che, analiticamente, abbiamo diviso e, appunto, analizzato, piuttosto si propone come una conoscenza intuitiva delle cose. Lo sguardo sintetico è un’osservazione interna, dal di dentro delle cose, come se nel castello schopenhaueriano si fosse entrati per mezzo di un passaggio sotterraneo e segreto. Da qui le cose non si scindono con l’intorno, ma si vedono installate nel fluire costante dei rapporti con gli altri elementi che le definiscono. La sintesi non è quindi un modo al servizio dell’analisi, bensì un passaggio a sé stante, un modo di conoscere profondamente le cose. Come scrive Spinoza definendo il terzo genere di conoscenza, «chiamiamo invece conoscenza chiara quella che non deriva da convinzioni di ragioni, ma da un sentire e da un godere la stessa cosa, e supera di molto le altre» (Spinoza 2007, 135). Per dare altri riferimenti, la sintesi è quindi l’intuizione bergsoniana, lo sforzo di osservare le relazioni fra ciò che appare, il tentativo di non isolare le cose ma di vederle sempre in connessione con ciò che le rendono ciò che sono.

 

Riferimenti bibliografici

  • Cartesio. 2000. Discorso sul metodo. Milano: Mondadori (trad. it. M. Renzoni).
  • Schopenhauer, Arthur. 2013. Il mondo come volontà e rappresentazione. Torino: Einaudi (trad. Giorgio Brianese).
  • Spinoza, Baruch. 2007. Breve trattato, in Opere. Milano: Meridiani Mondadori (trad. it. F. Mignini, O. Proietti).

 

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Foto di fabio su Unsplash

Laureato in filosofia, lavora nel mondo della comunicazione e dell'organizzazione culturale. Coordinatore della redazione di questa rivista, ha pubblicato il saggio filosofico "Bergson oltre Bergson" (ETS, Pisa, 2018) e "La spedizione italiana al K2" (Res Gestae, Milano, 2024)

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