A coloro che stanno scappando, filosofia di Aron Gurwitsch

Segnaliamo con grande piacere la pubblicazione di un saggio di Simone Aurora, ricercatore presso l’Università di Padova, dal titolo Il campo della coscienza. Aron Gurwitsch e la fenomenologia trascendentale, uscito per Orthotes nel 2022. Il contributo è di assoluta rilevanza all’interno del nostro panorama culturale dal momento che ha il singolare merito di introdurre il lettore italiano all’opera – e alla vicenda biografica, raramente come in questo caso – del filosofo lituano Aron Gurwitsch, vissuto tra il gennaio del 1901 e il giugno del 1973, attivo soprattutto in Germania e in Francia a cavallo tra i due conflitti mondiali e poi negli Stati Uniti.

Il lavoro di Aurora ha l’ambizione di porre l’attenzione della critica su un vuoto storico e teorico di notevole importanza nella recente storiografia filosofica, anche, riteniamo, alla luce delle erudizioni che il lavoro di Gurwitsch ha suscitato, anche indirettamente, nei luoghi dove ha avuto occasione di proliferare e maturare attraverso suoi scritti; nonché, ovviamente, nelle menti di chi ebbe la fortuna di assistere alle sue lezioni all’Institut d’Histoire des Sciences et des Techniques, nella seconda metà degli anni Trenta. Di Gurwitsch, purtroppo, non si sa molto, né si è riusciti a riconoscere un giusto credito in questi anni – nonostante la sempre maggiore attenzione posta dagli interpreti allo studio della fenomenologia – alla sua possibile lettura genetica o generativa, nonché delle sue concepibili commistioni teoretiche o sempre più numerose ibridazioni interdisciplinari cui possiamo oggigiorno assistere. E questo nonostante la proposta di Gurwitsch vi si sarebbe più che degnamente prestata. L’attenzione posta alle nozioni di «tema, campo tematico, e margine» (Aurora 2022, 5), ad esempio, così come la denuncia del principio di costanza, la circoscrizione o la lettura sempre più passivizzante della coscienza o della soggettività trascendentale, vanno proprio nella direzione che Merleau-Ponty o addirittura Deleuze, autori ben più studiati, avrebbero poi portato a successivo compimento intellettuale, dapprima in Francia, poi in Europa ed infine nel mondo intero.

Infatti, nonostante la sua fondamentale opera di mediazione culturale e interdisciplinare tra psicologia della Gestalt e dottrina fenomenologica, di tale autore si sono nel tempo progressivamente perse le tracce. Ciò si è verificato anche per responsabilità di una tradizione poco attenta a riconoscere il suo debito speculativo con le sue imbeccate (su tutte, ahimé, quella merleau-pontyana, a partire dalla primaria negligenza dell’autore stesso, come Gurwitsch stesso non mancò di sottolineare mestamente in seguito alla lettura della Fenomenologia della percezione). Da questo punto di vista, lo studio di Aurora si fa carico di questa parziale opera di risarcimento e, con essa, di marginale restituzione dell’eredità concettuale che a Gurwitsch si deve, nel ripercorrere i passi più decisivi e rimarchevoli della sua cosiddetta «fenomenologia gestaltica» (Aurora 2022, 94).

Come malauguratamente accaduto per molti pensatori del Novecento, la vicenda e le alterne fortune dell’opera di Gurwitsch sono legate a doppio filo con quella del suo popolo o della sua terra: la Lituania, in questo caso. Di origine ebraica, Gurwitsch si forma in gioventù tra Berlino e Francoforte. A Berlino, egli ha occasione di approfondire lo studio della Gestaltpsychologie, attraverso la lettura delle opere di Wertheimer e Köhler e, anche grazie al lavoro di intercessione del comune maestro Carl Stumpf (1848-1936), i primordi e l’evoluzione della fenomenologia husserliana, su cui lavora al fine di proporre una possibile chiave di lettura alternativa rispetto a quella dell’idealismo trascendentale che andava formandosi proprio in quegli anni. Con l’avvento del regime nazista e la persecuzione degli ebrei, Gurwitsch si vede costretto a emigrare in Francia, salvo poi dover abbandonare anche questo paese, che egli ha sempre faticato a riconoscere come casa. Su questo la ricostruzione di Aurora è puntuale: in seguito all’invasione nazista della Francia, Gurwitsch dovette approdare in America dove riuscì a scrivere la più completa ed esaustiva tra le sue opere, vale a dire La teoria del campo di coscienza, uscita nel 1957.

A parere di Gurwitsch, l’esperienza si auto-organizza e si auto-regola, come dovrebbe fare l’equilibrio di un mercato che funziona. Non è quindi il soggetto, o la coscienza costituente, assoluta o universale, secondo gli intendimenti dell’idealismo trascendentale del neokantismo o del primo Husserl, a validare attivamente e tempestivamente i contenuti o i rilievi sensibili di questo campo. Piuttosto, secondo l’emersione e la depressione di figura e sfondo, come descrive una delle principali leggi della percezione della Gestalttheorie, è il campo stesso a compiere questa auto-contemplazione o rivolgimento istituente. Tale rispecchiamento avviene secondo l’andamento fluente dell’esercizio di una dimensione inglobante soggetto e oggetto, di un campo, appunto, che regola limiti e confini dell’esperire ma, soprattutto, margini e costitutivi sconfinamenti di senso e rinnovata riproposizione sovrascrivente di significato. Da questo punto di vista, secondo questi intendimenti, il senso è in perpetuo divenire e gli attori che ne promulgano la diffusione i sempre provvisori destinatari della sua tutela, verso un avvenire mal sicuro, di cui il campo stesso rimane l’unica garanzia di sempre provvisoria salvaguardia.

Nel 1991, Gabriele Salvatores dedicava il suo Mediterraneo a tutti coloro che stanno scappando, e il film si concludeva con l’amara constatazione che la speranza con cui terminava la Seconda guerra mondiale avesse drammaticamente disatteso le promesse auspicate. Un invecchiato Abatantuono lamentava l’immobilismo del suo paese, la sua miopia e l’incurabile sfiducia verso il cambiamento (la crisi). Tale discredito abbracciava equamente qualunque fenomeno di transizione, nell’istanza di una trasformazione che non sarebbe passata neanche sul loro corpo, ovvero il suo o dei suoi commilitoni, come non lo aveva fatto su quello della povera Vassilissa. In modo non dissimile, la vita e dottrina di Gurwitsch non possono essere in questo contesto slegate, ma vanno interpretate sinotticamente, proprio come avviene per la modificazione indefessa del campo della storia nella quale hanno operato, e che non cessa perciò di inviare rimandi al nostro presente di discendenti di questo significato stesso. Dove abbiamo sbagliato, cosa è andato perduto? Cosa possiamo ancora salvare? È forse giunto il tempo per rischiarare questo buio ermeneutico e rileggere l’opera di Gurwitsch con nuova o rinnovata curiosità. Per fare questo, il saggio di Aurora è di sicuro aiuto.

Bibliografia:

  • Aurora 2022: S. Aurora,  Il campo della coscienza. Aron Gurwitsch e la fenomenologia trascendentale. Orthotes: Napoli 2022

Foto di Sherman Yang su Unsplash

Dottorando in Filosofia presso le Università Ca' Foscari di Venezia e Paris I Panthéon-Sorbonne. Precedentemente laureato in Scienze Filosofiche presso l'Università degli studi di Firenze e in Filosofia presso l'università di Trento.

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