L’interpretazione del percorso storico ha da sempre costituito uno degli elementi di maggiore interesse per il pensiero occidentale, soprattutto per quello filosofico. Se da un lato il passato va studiato e compreso, dall’altro, affinché tale attività raggiunga il proprio scopo – cioè favorire la sopravvivenza – occorre poter determinare il futuro conseguentemente. Una delle interpretazioni che hanno avuto sicuramente più successo è lo storicismo di matrice hegeliana, ossia il riconoscimento di un telos all’interno del percorso storico per cui esso sarebbe il farsi atto dello Spirito Assoluto. In altre parole, tutto ciò che accade è espressione di ciò che deve essere, per il semplice fatto che è così e non altrimenti che l’ha voluto lo Spirito nel suo farsi Mondo. Un atteggiamento che spinge nel passato le radici del futuro e subordina l’universalità della ragione e il suo potere, al giudizio della storia. Questo totale depotenziamento della dimensione umana ha incontrato diverse critiche, ma nessuna dirompente come quella messa in tavola dal giovane Nietzsche nella sua II inattuale Sull’utilità e il danno della storia per la vita. Punto di partenza di una riflessione che lo accompagnerà per tutta la sua vita e che porterà il suo slancio verso un futuro diverso, faccia a faccia con le radici più antiche del pensiero. Continue Reading
Il lato oscuro dello storicismo
Il diritto naturale
La distinzione fra diritto naturale e diritto positivo è uno degli elementi fondativi della riflessione giuridica ed è legata a filo doppio alla costituzione del pensiero politico. Il concetto di diritto naturale nasce dalla constatazione che oltre alla cose certamente naturali (un albero, una montagna) e a quelle certamente artificiali (un abito, una spada) ve ne sono alcune, come il diritto, che possono indifferentemente essere classificate in una o nell’altra categoria. In tale ambito, il diritto consuetudinario, forma giuridica predominante in ogni esperienza antica, è inquadrato come fenomeno prettamente naturale, mentre le regole poste dal legislatore umano appartengono inequivocabilmente al mondo della produzione umana, dunque artificiale.
Il cristianesimo assume a sua volta come fondamentale la distinzione e, ponendo la natura come prodotto della potenza creatrice di Dio, conferisce al diritto naturale lo status di paradigma giuridico dell’azione umana, pur con diverse e sostanziali differenze, tutte in ogni caso regolate dalla ragione, strumento che Dio ha elargito all’uomo per consentirgli di esplorare le concrete declinazioni terrene del diritto naturale.
Con l’età moderna, l’indagine delle scienze naturali porta con sé una nuova prospettiva del diritto naturale, che viene parametrato alle regole di condotta deducibili dalle leggi naturali che regolano il funzionamento dell’intero universo-macchina.
«In conclusione, dopo il diritto naturale-consuetudinario, la cui origine si perde nella notte dei tempi, degli antichi; dopo il diritto naturale-divino degli scrittori medievali, nell’età moderna il diritto naturale-razionale rappresenta la nuova raffigurazione di un diritto non prodotto dall’uomo, e che, proprio per la pretesa di essere sottratto ai mutamenti della storia, pretende anch’esso di avere validità universale e quindi maggiore dignità del diritto positivo» (Bobbio 1994).
Durante l’era moderna l’intera esperienza giuridica viene via via restringendosi al concetto di norma-comando posta dall’autorità politica, il cui unico meccanismo di controllo risiede nella corretta osservanza della procedura adottata per l’emanazione della norma stessa. Il diritto naturale diventa una sorta di fossile storico, cui non è possibile pensare in forma laica, e viene predicato di irrilevanza, incongruenza e forse anche ingenuità dalle dominanti correnti storiciste e positiviste.
In pieno XX secolo Hans Kelsen erige il monumentale edificio della dottrina pura del diritto, che espunge totalmente dall’esperienza giuridica qualunque forma di diritto non coincidente con la norma positiva emessa a conclusione di un procedimento legislativo proceduralmente corretto. E ancora oggi, un fine giurista liquida la questione del diritto naturale come una specie di miraggio, compatendo «i giuristi ancora smarriti tra le nebbie del diritto naturale o tranquilli nella ingenua credenza del diritto come realtà oggettiva, indipendente dalla nostra volontà e dal nostro pensiero» (Irti 2020, 641).
Pure, in pieno XX secolo, contro il predominio della scuola storica e di quella positivista, giganteggia solitaria la figura di Leo Strauss, con il suo fondamentale “Diritto naturale e storia”, dato alle stampe nel 1953, tradotto in Italia, con insolita tempestività, dato il clima culturale dell’epoca, nel 1957, e più volte ristampato (1990, 2009).