Rivelazione e toglimento nell’Uno (V)

L’inevitabile traduzione del fondamento nel discorso – o, per dirla in termini biblici, la rivelazione di Dio –, di cui parlavamo nello scorso articolo, non può non richiamare alla mente il tema plotiniano dell’emanazione.

Anche l’emanazione è un modo figurato per esprimere la relazione tra l’Uno e le ipostasi che si intende derivino da esso. È, insomma, il gran problema della deductio dal fondamento, il quale, per essere effettivo fondamento, non può non essere l’Uno e, dunque, non può non escludere la relazione che immane alla deductio.

Il νοῦς è bensì prodotto per emanazione dall’Uno, ma nell’intenzione di Plotino esso non è altro dall’Uno, essendo altro solo nell’Uno, il quale contiene e risolve in sé l’alterità (Cfr. Peroli, 2003).

La dualità appare, quindi, allorché ci si colloca dal punto di vista delle ipostasi, così che del νοῦς si coglie solo l’aspetto del suo ipostatizzarsi, aspetto che lo riduce a “pensiero discorsivo”. Continue Reading

L’ordine della sostanza e l’ordine delle relazione (III)

La nostra ipotesi ermeneutica è che, per intendere il senso della coesistenza dell’Unità e della Trinità, non si possa non fare ricorso alla distinzione di innegabile e inevitabile, ossia si debba introdurre una doppia prospettiva: la prospettiva dell’assoluto, che è una prospettiva “ideale” o “intenzionale”, e la prospettiva di chi si pone nell’universo in cui vige la finitezza (la prospettiva del relativo o “fattuale”). L’ipotesi della “doppia prospettiva” trova espressione anche in Agostino e precisamente nella forma della differenza tra il punto di vista della «sostanza» e quello della «relazione».

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Quando la sostanza diventa persona (II)

Dicevamo, nello scorso articolo, che lo Spirito è la relazione che unifica Dio e Cristo, così che vale come medio tra di essi. Lo spirito, così inteso, non è l’atto in virtù del quale il “tre” si toglie nell’“uno”, ma vale come il quid medium, cioè come ciò che sancisce, ossia che pone, la trinità, dunque la molteplicità. Si potrebbe dire in questo modo, per specificare meglio e anticipare il senso della nostra argomentazione: l’Uno è diventato Tre, ma il Tre non si sostituisce all’Uno, perché dal punto di vista della sostanza – l’innegabile – la realtà permane, in verità, una e unica. Ci sembra quanto mai interessante rilevare come il Dogma Trinitario sia stato espresso, per la prima volta, da Tertulliano nella formula “una substantia, tres personae”. Continue Reading

Come conciliare unità e molteplicità? (I)

Il concetto cristiano di “Trinità” non solo è fondamentale da un punto di vista dottrinario, ma lo è anche da un punto di vista teologico e, ancor prima, filosofico. Con esso, infatti, non si può evitare di affrontare, in forma estremamente significativa, il tema del rapporto tra unità e molteplicità.

Il primo punto che ci sentiamo di sottolineare con forza è questo: non si può pensare che tra unità e molteplicità vi sia una relazione. In questo caso, infatti, l’unità verrebbe ridotta ad un elemento (membro) della molteplicità, giacché sarebbe un termine della relazione.

Si potrebbe bensì obiettare che la molteplicità è soltanto l’altro termine, ma in tal modo si dimenticherebbe che la relazione si costituisce comunque di due termini, sì che essa stessa si struttura di quella dualità di termini che costituisce la forma minima di molteplicità. In questo modo, l’unità varrebbe, appunto, come uno dei due termini e perderebbe quell’assolutezza che è il senso stesso dell’unità metafisica, decadendo ad unità numerica, cioè a quell’uno-dei-più-di-uno che costituisce la molteplicità in quanto questa vale come l’insieme di più unità, ferma restando la determinatezza (finitezza) di questa unità. Continue Reading