Riduzionismo vs complessità (I)

Questa ricerca intende riflettere sul modello riduzionista e sul modello sistemico-relazionale, che costituiscono i due principali modelli su cui si basano le odierne scienze empiriche e sperimentali. Per svolgere l’analisi, prenderemo spunto da due lavori, non recenti ma particolarmente significativi per l’indagine che ci proponiamo di svolgere. Tali lavori sono comparsi nel numero 1 del Volume 37 della Rivista “Epistemologia” e sono stati scritti da Francesco Bottaccioli e da Giovanni Villani.

Il modello riduzionista, prendiamo avvio da questo punto, non può venire trattato senza fare riferimento al metodo analitico di indagine nonché alla prospettiva naturalista, la quale, nella sua versione più estrema, si traduce nella concezione del “monismo materialistico”.

Il modello sistemico-relazionale, invece, è un modello complesso, perché fa valere il primato del sistema sui suoi elementi e il valore delle interazioni che sussistono tra di questi. Tale modello nasce in ambito fisico con l’affermarsi del concetto di “informazione”, che consente di intendere i sistemi non più come chiusi, ma in continua comunicazione gli uni con gli altri.

Con l’opera Teoria generale dei sistemi (1968), Ludwig von Bertalanffy pone i concetti fondamentali del nuovo modello, che viene poi proposto all’attenzione generale da Gregory Bateson (1972) e da Edgar Morin (1990).

Morin, in particolare, parla di pensiero complesso e, soprattutto, di unitas multiplex, per indicare la necessità di intendere anche l’unità in senso articolato e dinamico.

Del resto, lo stesso concetto era stato espresso ancora prima da Emanuele Severino (1958), il quale aveva parlato di struttura originaria, per intendere un fondamento che sia in sé dinamico e articolato: l’unità di un molteplice.

Il modello della complessità incontra sempre maggiori consensi e, in particolare, le scienze umane fanno ricorso alle teorie sistemiche per fornire una lettura pregnante della dialettica che caratterizza la vita di ciascun soggetto.

Le stesse scienze biologiche e mediche si incentrano su tale prospettiva, tant’è che l’Organizzazione Mondiale della Sanità si è pronunciata in favore del modello bio-psico-sociale, volto a sottolineare la necessità di intendere la stretta interconnessione che sussiste tra la dimensione biologica, quella psichica e quella sociale.

La nostra ricerca intende stabilire se i due modelli debbano effettivamente venire contrapposti o se, invece, essi si pongano a condizione di integrarsi reciprocamente.

Ciò implica la necessità di svolgere un’analisi del concetto di relazione, che risulta centrale sia che si valorizzi il suo sciogliersi nei termini che la costituiscono (modello riduzionista) sia che si valorizzi il suo congiungerli (modello sistemico).

Il modello riduzionista
A proposito del modello riduzionista, così scrive Bottaccioli (2014, p. 6): “Un paradigma basato sulla grande illusione di poter ridurre a determinanti semplici e quindi a conoscenze incontrovertibili la complessità della vita”.

Ebbene, come abbiamo anticipato, il fondamento di tale modello è precisamente il metodo analitico, che caratterizza la ricerca scientifica.

Aggiunge, infatti, Bottaccioli, che si occupa della scienza medica: “La ricerca delle cause, nel paradigma meccanicista, segue la procedura analitica che consente di scendere dal complesso al semplice con l’obiettivo di trovare a questo livello i determinanti molecolari della condizione fisiopatologica analizzata” (Ivi, p. 9).

Analizzare significa “scomporre” e ciò è testimoniato dall’etimo stesso della parola: ana-lyein, infatti, indica lo “sciogliere un vincolo”.

L’oggetto di indagine, qualunque esso sia, in questa prospettiva viene assunto come un composto, che può venire conosciuto solo in quanto viene ridotto-ricondotto ai suoi elementi ultimi. Tali elementi costituiscono la struttura atomica dell’oggetto, conosciuta la quale viene eo ipso conosciuto l’oggetto nella sua essenza.

Da questo punto di vista, pervenire all’elemento significa pervenire alla realtà fondante, poiché, solo a muovere da essa, è possibile cogliere la realtà derivata, cioè quella costituita dal composto.

Precisamente per questa ragione, l’espressione greca analyter, che deriva appunto da analyo, non indica solo l’“analista”, ma altresì il “salvatore”, stante che lo analyein sottintendeva, originariamente, ek desmon, che significa “dai lacci”, “dagli impedimenti”: l’analista è un salvatore perché libera dai lacci che impediscono di procedere speditamente.

Quali sono, dunque, questi impedimenti, che tendono ad ostacolare la conoscenza?

L’ostacolo è rappresentato dal fatto che ciò che si presenta inizialmente è il fenomeno, senza che risultino i fattori (cause) che lo hanno prodotto o gli elementi che lo costituiscono intrinsecamente.

Il processo della spiegazione si configura, quindi, come il “rendere esplicito” ciò che inizialmente risulta solo implicito.

Non per niente “spiegare”, che deriva dal latino ex-plicare, indica il “far uscire dalle pieghe” ciò che inizialmente rimane in esse nascosto.

Ebbene, la spiegazione può venire intesa almeno in un duplice senso: come lo sciogliere la relazione esterna, che vincola il fenomeno (oggetto) preso in esame ad altri fenomeni (oggetti), i quali possono venire definiti cause, ma anche fattori o variabili indipendenti, oppure come lo sciogliere la relazione interna, che struttura il fenomeno (oggetto) nel senso che tiene insieme i suoi elementi, ossia le sue costituenti ultime.

Nel primo caso, si parla di spiegazione della genesi del fenomeno (oggetto); nel secondo di spiegazione della sua struttura.

 

Riferimenti blibliografici

  • Bateson, Gregory. 1972. Steps to an Ecology of Mind: Collected Essays in Anthropology, Psychiatry, Evolution, and Epistemology. Chicago (Illin.): University of Chicago Press (trad. it Verso un’ecologia della mente, Milano, Adelphi, 1977);
  • Bertalanffy von, Ludwig. 1968. General System Theory. Foundations, Development, Applications. New York: George Braziller (trad. it. Teoria generale dei sistemi, Milano, Mondadori, 1983);
  • Bottaccioli, Francesco. 2014. La fine della grande illusione del riduzionismo in biologia e in medicina, «Epistemologia», 37, pp. 5-21.
  • Morin, Edgar. 1990. Introduction à la pensée complexe. Paris: Edition du Seuil (trad. it. Introduzione al pensiero complesso, Milano, Sperling & Kupfer, 1993).
  • Severino, Emanuele. 1958. La struttura originaria. Brescia: La Scuola.

Foto di Linus Mimietz su Unsplash

Università per Stranieri di Perugia e Università degli Studi di Perugia · Dipartimento di Scienze Umane e Sociali Filosofia teoretica - Filosofia della mente - Scienze cognitive

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