Le filosofe esistono oppure no?

«È probabile che non si consideri la Repubblica di Platone un’opera femminista, nonostante al suo interno il filosofo affermi che le donne, al pari degli uomini, siano capaci di governare la sua città-Stato ideale – affermazione decisamente all’avanguardia rispetto agli standard dell’epoca. Secondo la sua tesi, donne capaci dovevano e potevano essere scelte insieme ai loro pari del genere maschile per servire come guardiane, in quanto per natura predisposte e capaci di ricoprire un tale ruolo» (Buxton e Whiting, 2021, pag 67)

I filosofi avevano il compito di governare la Repubblica, indicando il sentiero che conduce alla perfetta illuminazione filosofica. Da allora sono passati più di 2000 anni e di donne governanti non ne abbiamo viste molte e ancora meno filosofe.

Nel Liceo dove insegno filosofia, il tipico programma di un corso di filosofia triennale non contempla affatto le donne. I programmi ministeriali e i relativi libri di testo aderiscono al tradizionale “canone filosofico”: Socrate, Platone, Aristotele, Cartesio, Hobbes, Locke, Hume, Rousseau, Kant, Mill, Nietzsche, Sartre e Rawls, per citarne solo alcuni. Le donne sono menzionate poco, magari in riferimento a una controparte maschile con cui hanno lavorato o hanno avuto una relazione.

Uno studente, in una classe quinta, verso giugno (la maturità è vicina) alza la mano e mi chiede: le filosofe esistono oppure no? E, nel caso esistano, perché solo poche di loro sono state incluse nei libri di storia della filosofia? Ricordo di avergli risposto che esistono molte filosofe (oggi come in passato), ma la ragione per cui sono state ignorate per così tanto tempo merita una risposta molto più lunga e articolata.

Il passato
A distanza di duemila anni dalla Repubblica di Platone, il genere femminile non apparirebbe all’altezza della grande profezia di Platone: pare che ben poche donne siano diventate grandi filosofe (cf. Buxton e Whiting, 2021, 12). O, almeno, così potrebbe sembrare oggi leggendo libri o seguendo lezioni di questa disciplina. I libri di storia della filosofia non hanno reso giustizia alle donne. Ma in realtà sono tante le donne che hanno fatto filosofia senza diventare filosofe.

Se è vera e soprattutto legittima la domanda dello studente di quinta, allora è indubbio che le donne sono state sottorappresentate in ambito filosofico e accademico perché storicamente escluse dall’istruzione. Virginia Woolf, nel suo libro, Una stanza tutta per sé, due secoli fa rivendicava che l’esclusione delle donne dal mondo del sapere si legava principalmente all’esclusione dal mondo dell’istruzione. E la sua tesi è sempre valida. È certamente quello che riguarda la questione dell’educazione delle donne, la sua mancanza, a essere all’origine di tutte le ingiustizie perpetrate nei loro confronti. Questo sarà il tema ricorrente della «querelle des femmes» in cui anche molti uomini si esprimeranno a favore dell’educazione femminile. Nel 1655, Margaret Cavendish indirizzò una lettera alle prestigiose Università di Oxford e Cambridge per reclamare il diritto della donna alla parità culturale con l’uomo.

Soltanto attraverso l’acquisizione di strumenti concettuali e critici è possibile una vera e propria emancipazione del genere femminile, capace di liberarle dall’oppressione maschile. Questa è una regola che vale per tutti, indistintamente. Si sbaglierebbe a credere che questo “nodo” riguardi solo le donne: esso attraversa tutta la sfera dell’esistenza umana – maschile e femminile – e, dunque, riguarda la politica, la teologia e tutti i saperi scientifici e umanistici.

L’accesso completo al sapere, come unica possibilità per ribaltare e rompere con quei luoghi comuni che costringono le donne a vivere in una posizione subordinata all’ordine e al potere maschile, significa innanzitutto godere della propria libertà spirituale, della possibilità di scegliere e disporre autonomamente della propria ragione. Questi primi elementi rappresentano l’originaria fonte di dignità per ciascuno/a nella sua propria differenza.

Certo è più che noto l’enorme ostracismo che le donne hanno lungamente subito prima di riuscire a entrare sulla scena della storia politica e culturale, per far ascoltare la loro voce e il loro pensiero. Sappiamo anche con quante difficoltà esse hanno contribuito attraverso la scrittura a sciogliere il nodo relativo alla differenza sessuale, un nodo storicamente teso tra rivendicazione dell’uguaglianza e riconoscimento della differenza. Ai margini di una cultura patriarcale dominante, dove il “canone” è stato e ha continuato ad essere falsamente neutro ed universale, le donne hanno faticato a trovare un loro posto nel mondo che non fosse già stabilito da altri.

Il futuro
Nonostante le premesse il futuro della filosofia si prospetta (forse?) più giusto ed egualitario. Il pensiero delle donne è infatti oggi oggetto di un maggiore riconoscimento e di una crescente rivalutazione: dalle filosofe pitagoriche del VI secolo a.C. a figure dell’antichità note anche al grande pubblico come Diotima o Ipazia, dalle mistiche medievali a Cristina di Lorena ed Elisabetta di Boemia, o ancora, volgendo lo sguardo a epoche a noi più vicine, da Hannah Arendt a Simone De Beauvoir e le fenomenologhe del Novecento, dalle pensatrici della cosiddetta “età d’oro delle donne filosofe” fino a Martha Nussbaum e le brillanti voci femminili della filosofia contemporanea. Tutto vero: ma perché non si studiano le donne filosofe al Liceo? Perché non sono contemplate nei libri di testo?

Siamo abbastanza consapevoli che il sapere filosofico non sia soltanto un mero strumento di pensiero, ma anche un vero e proprio sistema di dominio e di potere, che ha come sue prime vittime le donne. Escluse “per natura” dall’alto logos della filosofia e dalle faccende pubbliche e politiche, alle donne è stata imposta la dimensione privata dell’esistenza, propria e altrui. Con questo essere relegate o sepolte in una dimensione muta dell’esistenza, alle donne è stato preclusa la partecipazione al processo di soggettivazione e di autonomia che tutta la storia della filosofia, da Platone in poi, ha riconosciuto come elemento necessario per un pieno dispiegamento dell’umano.

È sempre Platone, considerato il “padre fondatore della filosofia”, a includere una donna come personaggio-chiave in uno dei suoi dialoghi. Le discussioni con Diotima di Mantinea sulla natura dell’amore e della bellezza sono immortalate in una delle sue opere più famose, il Simposio. Ma Diotima rimane un mistero: persino la sua esistenza viene messa continuamente in discussione. Questo difficile puzzle ha complicato parecchio il possibile contributo di Diotima alla storia delle idee: un contributo che non è stato ancora pienamente apprezzato o compreso. I suoi insegnamenti, se sono davvero suoi, rimangono preziosi anche dopo duemila anni. Diotima è una delle poche donne ad apparire nei dialoghi di Platone. Un’altra è Aspasia di Mileto, che appare nel Menesseno. In questi dialoghi né Diotima né Aspasia parlano direttamente: è Socrate che riporta le conversazioni avute con loro ai suoi interlocutori maschi. Si pensa che Platone abbia avuto delle donne come allieve, in particolare Assiotea di Fliunte e Lastenia di Mantinea.

Alla luce di sommarie riflessioni, penso che sia importante, oggi più che mai, domandarsi quanto valga una filosofia che nella sua elaborazione ha causato vittime, così come sarebbe necessario anche interrogarsi sul senso di una filosofia che vuole abbracciare e penetrare l’umano in tutta la sua ampiezza senza però fare i conti con ciò che è più vicino e prossimo. In questo senso la filosofia ha molto da guadagnare se affronta seriamente il contributo che il pensiero delle donne ha dato e continua a dare. E aggiungo ancora, se diffonde le vite, le storie di vita vere di donne filosofe nel corso della storia. La ricostruzione storica e la sua diffusione nelle scuole, nei libri di testo, potrebbero aiutare a contribuire alla storia della filosofia e alla formazione delle giovani menti.

Di sicuro, se il mondo in cui viviamo non avesse giudicato pazze, isteriche e diaboliche le donne che volevano studiare, Ipazia non sarebbe stata uccisa, Harriett Taylor sarebbe stata considerata coautrice di Saggio sulla libertà insieme a J. S. Mill, Edith Stein non sarebbe stata costretta ad allontanarsi dal maestro Edmund Husserl, Hannah Arendt non sarebbe stata raccontata sempre a partire dalla sua relazione di gioventù con Martin Heidegger, delle antiche filosofe come Ban Zhao e Lalleshwari ci sarebbero rimaste infinite storie mitiche, e non solo pochi frammenti.

Si tratta solo di pensare e insieme essere vivi, di fare del pensiero il nostro esser vivi unitariamente, come già ci diceva Hannah Arendt.

 

Riferimenti bibliografici

  • Platone. 2007. Repubblica. Roma-Bari: Laterza;
  • Platone. 1973. Simposio. Milano: Adelphi;
  • Buxton Rebecca – Whiting Lisa. 2021. Le regine della filosofia. Roma: Tion;
  • Woolf, Virginia. 2013. Una stanza tutta per sé. Milano: Feltrinelli;
  • Vassallo Nicla – Garavaso Pieranna. 2007. Filosofia delle donne. Roma-Bari: Laterza.

Photo by Clay Banks on Unsplash

Ph.D in Qualità della Formazione presso l’Università di Firenze. Insegna Filosofia al Liceo Galileo Galilei di Firenze I suoi interessi provano a fare sintesi tra gli aspetti sociali e culturali della contemporaneità con l’apporto della Filosofia. All’interesse per gli studi di Metodologia della ricerca sociale affianca il tema delle migrazioni. Ha scritto saggi in volumi collettanei e in riviste nazionali e internazionali.

2 Comments

  1. La questione, eminentemente politica e sociale, affrontata dalla prof.ssa Stefania Tirini, è la stessa che in classe anch’io, però come docente di lettere, mi pongo e sottopongo agli studenti. Condivido la risposta: è dall’istruzione che partono le possibilità di realizzazione di sé, ma poi la strozzatura sta nel mondo del lavoro, in cui le laureate, che sono di più e migliori nei risultati, invece non trovano posti alla loro altezza, essendo a loro preferiti i maschi.
    Ritengo che sia perciò importante questa riflessione: servono politiche di sostegno ai diritti perché sulla carta essi sono garantiti, nella pratica spesso disattesi. Le donne non si sono ancora socialmente e professionalmente affermate per una serie di impedimenti, che persistono e addirittura si accentuano. Perciò ben venga la considerazione dell’obiettivo 5 dell’Agenda 2030 e la proposta di donne filosofe come Rosi Braidotti e di Elena Pulcini, per fare solo due esempi, che riflettono sul ruolo delle donne in questo povero mondo. Le filosofe sociali io le trovo essenziali, meravigliose nell’indicarci la strada giusta per la riconsiderazione della natura, inclusiva, non gerarchica, non maschilista, e per il concetto di cura, non femminile, ma di tutti per la casa che tutti abitiamo, per la vita di ogni abitante. Se solo imparassimo ad ascoltarle…
    Grazie dunque alla filosofa Stefania Tirini, grazie da docente e da donna.

  2. Ancora lontani dall’uguaglianza e dal l’espressione filosofica complementare .

    Mi viene in mente Anima-Animus
    Jung

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