Tra esigenze politiche ed esigenze teoriche
Mai come negli ultimi anni si è mostrato come la psichiatria e la psicologia siano territorio di incontro e scontro tra soggettività epistemiche con interessi, speranze e bisogni diversi. Le comunità di pazienti, survivors e persone psichiatrizzate esercitano una pressione crescente sulle istituzioni e i centri di ricerca, ottenendo in alcuni casi veri e propri cambiamenti di rotta nelle decisioni imposte dall’alto (Sanderson, 2021). In ambito accademico, il precipitato di queste rivendicazioni è un rinnovato interesse su cosa significhi l’incontro tra la persona e la psichiatria, restituendo nuova linfa agli storici studi di Foucault (1998) e Goffmann (1961). Questo incontro necessita di almeno due nodi – la persona e la psichiatria – oggi entrambi oggetto di profondi e accalorati scontri teorici e politici: cosa significa essere pazienti, avere un disturbo, essere diagnosticati, essere istituzionalizzati? Qual è il ruolo dell’istituzione psichiatrica nella società, come dobbiamo guardare alle sue categorizzazioni? Continue Reading
Se la medicalizzazione è sovrastruttura
L’esperienza dei pazienti è fondamentale per la conoscenza psichiatrica. Tuttavia, l’incorporazione della norma biologica che porta con sé la medicalizzazione comporta il rischio che i soggetti riproducano inavvertitamente le strutture di dominio del pensiero medicalizzato. In questo articolo tenterò di far dialogare Foucault con l’epistemologia dei punti di vista di Nancy Hartsock, che, se integrata con la visione focaultiana della medicalizzazione, potrebbe rivelarsi interessante per formulare un’epistemologia in grado di riconoscere il giusto ruolo alla conoscenza situata degli psichiatrizzati. Continue Reading
L’intimità terribile
Negli ultimi anni, soprattutto sulla scorta degli studi sulla contaminazione iniziati da Mary Douglas, l’antropologia si è molto occupata del disgusto, emozione di base già ampiamente studiata negli ambiti della psicologia per i suoi interessanti risvolti psico-sociali. In questo articolo riprenderemo alcuni di questi studi per offrire una riflessione filosofica sul ruolo di questa emozione tanto complessa, argomentando come il disgusto possa servire per comprendere meglio il modo in cui il soggetto interagisce con il mondo, co-costruendo se stesso e ciò che lo circonda attraverso sofisticate operazioni classificatorie successivamente incorporate e, iterativamente, messe di nuovo in gioco nell’incessante progetto che è il fare cultura. Continue Reading
Dal riduzionismo mente-corpo alle coreografie ontopoietiche
Abbracciando lo spostamento di prospettiva degli studi di ecologia politica di Latour possiamo interrogare la questione del corpo a partire da un punto di partenza inedito, quello degli oggetti non umani. Farsi portavoce degli oggetti non umani per interrogare l’umano significa decentrare in modo efficace la questione del rapporto soggetto-oggetto nei suoi progressivi e spesso fallimentari slittamenti teorici verso corpo e mondo. Né corpo e mente né corpo e mondo, l’umano è costitutivamente un ibrido in fieri di fatti mentali e corporei, oggetti e manufatti tecnologici. Questa interrogazione immanente permette di porre la questione del potere sui corpi (a questo punto umani e non umani) senza fratture dualistiche e rischi riduzionistici, ma anche di evitare una banalizzazione relativistica che tolga al soggetto agency e responsabilità nella catena di creazione di significati e corpi nel quale collabora. Continue Reading