C’è una bella frase di Heidegger che dice: «Filosofare, alla fine, non significa nient’altro che essere principianti». Principianti, cioè coloro che cominciano qualcosa dall’inizio, che (proprio perché principianti) non presumono né assumono nulla in anticipo, che sono disposti a svolgere un’attività in cui, prima che sulle proprie conoscenze, devono fare affidamento sull’ascolto. Scegliamo questo pensiero (contenuto in una lettera del 1928) come augurio filosofico per il nuovo anno, il sedicesimo della nostra attività online.
Tracciare un programma per il prossimo futuro ci sembra da una parte superfluo, dall’altra doveroso. Superfluo perché ormai il nostro sito si è accresciuto in modo enorme e comprende una mole di contributi le cui modalità di stratificazione non sono note nemmeno a noi stessi. Noi possiamo dire di aver aperto alcune linee di sviluppo e di approfondimento di storia della filosofia: dal cosiddetto canone minore (Cusano, Bruno, Spinoza, Schopenhauer, Bergson) alla rivisitazione critica di giganti della filosofia (da Hegel a Severino), fino agli articoli sul ruolo del filosofo in politica e della filosofia nel progresso scientifico e morale.
Quel programma però si rende doveroso per rendere note alcune linee di sviluppo della nostra rivista (anche se, come diceva Ortega y Gasset, «in materia d’arte, d’amore e di filosofia, annunci e programmi sono poco efficaci»). Da quest’anno, come del resto già iniziato con il Call for Papers sullo spazio, un’attenzione particolare sarà rivolta ai rapporti con la fisica: teoria della relatività e fisica quantistica, concetti come tempo, vuoto, causalità, universo. La rivoluzione che ha interessato e sta interessando i concetti della fisica tradizionale non può lasciare indifferenti. Anche perché essa ha non solo lanciato sfide ma anche provocato un generale rimescolamento del valore di alcuni concetti filosofici. Facciamo un esempio. Si pensava che il ritorno alla filosofia dell’essere, o la reviviscenza del pensiero della necessità, avrebbe relegato le filosofie fondate sui concetti di potenza e possibilità nel bagaglio degli strumenti filosofici obsoleti. Invece, proprio la punta più avanzata della scienza contemporanea, la fisica quantistica, ha stabilito il ritorno alla potenza aristotelica, ovvero il principio che più di tutti è a fondamento delle dottrine che spiegano il mondo in base alle idee di possibilità e di indeterminazione.
Per questo motivo Werner Heisenberg, il padre della fisica quantistica, sosteneva una tesi che oggi molti filosofi hanno dimenticato: e cioè che la filosofia è imprescindibile per la scienza, in quanto solo lei è in grado di creare il campo concettuale e linguistico entro il quale la scienza si muove. Lo stesso Heisenberg non mancava di rilevare la responsabilità di Newton nello stabilire il pernicioso principio secondo cui le teorie scientifiche derivano soltanto dall’esperienza, mettendo così fuori gioco la metafisica e favorendo un atteggiamento di diffidenza verso la filosofia.
Albert Einstein, l’altro grande padre della fisica contemporanea, ebbe anche lui la necessità di sottolineare l’idea che il fisico (al contrario di quanto pensava Newton) perviene alla sua teoria con mezzi puramente speculativi. Una volta egli disse che «La filosofia è come una madre che ha dato alla luce tutte le altre scienze, dotandole di caratteristiche diverse. Quindi, sebbene nuda e povera, non merita il nostro disprezzo; dobbiamo invece sperare che una parte del suo ideale donchisciottesco sopravviva nei figli, impedendo loro di cadere nel filisteismo». Cosa che invece è purtroppo avvenuta: molti di essi hanno infatti negato quel ruolo fondativo che proprio i due maggiori esponenti della fisica contemporanea erano concordi nel riconoscere alla filosofia.
A questo proposito, grazie anche alla collaborazione con gli amici della rivista Cum-Scientia, uno dei nostri programmi è quello di argomentare di nuovo la centralità della coscienza nella domanda di verità. Le concezioni riduzionistiche, centrate esclusivamente sui processi fisiologici, hanno infatti formato un’idea di uomo che ha smarrito il senso della libertà con conseguenti effetti negativi su molti campi dell’agire umano, tra cui quello della scuola.
Non è un caso che con Hic Rhodus, hic salta, il nostro podcast di filosofia nato dall’esperienza delle aule scolastiche, vogliamo offrire un’idea di filosofia aperta alle frontiere del pensiero, soprattutto nei confronti delle giovani generazioni. «Quanto più è astratta la verità che tu vuoi insegnare, tanto più devi sedurre ad essa anche i sensi» diceva Nietzsche: da qui l’importanza della musica. Il programma, dopo le prime uscite, è ancora tutto da scoprire e daremo conto di nuove quanto interessanti esperienze filosofiche non solo in Italia ma anche in giro per il mondo.
Detto tutto ciò, noi siamo coscienti che il compito del pensiero viene dopo che sia stata ricostruita ogni attività storica ed enunciata ogni dichiarazione di principio. Se non si ha consapevolezza di questo, la filosofia è esposta alla sua minaccia più grave, quella del ridicolo (lo vediamo oggi in tanti would-be-filosofi o autodichiaratisi maitres-à-penser). La filosofia viaggia sulle ali di una brezza leggera. Wittgenstein diceva che su ciò di cui non si può parlare si deve tacere. Ma il silenzio non deve essere sterile, perché la vera logica della filosofia (qui ancora Heidegger docet) è il silenzio che conquista: non solo non è necessario moltiplicare le parole, quanto piuttosto bisogna suscitare la capacità di farsi ascoltare.
E per finire ricordiamo che noi non siamo solo una rivista ma un gruppo nato attraverso delle esperienze di discussione e condivisione fatte in luoghi solitari e fuori da qualsiasi circuito tradizionale.
L’augurio che ci facciamo è che il 2023, dopo le note vicende legate alla pandemia, segni anche il ritorno dei nostri ritiri filosofici.
Foto di Ernie A. Stephens su Unsplash