Cusano, il grande conciliatore

In un articolo del secondo volume del Chronicon Spinozanum, raccolta storica dei saggi più significativi sul pensiero di Spinoza apparsi nel corso degli ultimi secoli, il filosofo olandese veniva definito il grande conciliatore della filosofia. Le ragioni per questo titolo erano diverse, prima fra tutte quella di non aver fondato una scuola e di aver sempre evitato scontri tra opposti antagonismi: in questo senso egli aveva trovato una sintesi nelle antitesi tra materialismo e idealismo, tra razionalismo e misticismo, tra umanismo e naturalismo, tra liberalismo e conservativismo. Scritto nel periodo successivo al primo conflitto mondiale, quell’articolo faceva appello allo spirito di Spinoza per realizzare unità e solidarietà nel genere umano.

Una vita tra la politica e la contemplazione
Se il titolo di conciliatore è senz’altro giustificato per Spinoza, altrettanto e forse anche di più lo è per Niccolò Cusano, cardinale, vescovo, teologo e filosofo del XV secolo. La conciliazione fu prima di tutto la sua professione. Nato nel 1401 in un piccolo villaggio della Germania occidentale, Cusano prese parte alla seconda stagione del conciliarismo nella quale, grazie al suo scritto sulla concordanza cattolica, fu attivo ispiratore e promotore di politiche di pace nella chiesa (le cui soluzioni, per la rilevanza che essa aveva a quel tempo, sono utili da studiare anche per leggere i conflitti odierni). Per Cusano, che si potrebbe considerare anche un proto ispiratore della dottrina democratica, la base della società civile è il concetto di mutuo consenso unito a quello di rappresentanza. Dopo aver diretto una delegazione a Costantinopoli e partecipato al concilio di Ferrara, Cusano pubblicò il De Docta Ignorantia nel 1440 e nello stesso anno il De Conjecturis, le sue due opere principali. Da quegli anni fino alla sua morte egli produsse sedici opere di filosofia ed altrettante opere di teologia. Il corpus complessivo dei suoi scritti è di circa trecento prediche con trenta opere definitive. Dopo essere stato nominato Vescovo di Bressanone, dopo alcuni problemi politici e un braccio di ferro con l’autorità civile, venne richiamato a Roma come Cardinale. In questo periodo Cusano fece spesso la spola tra la città eterna e Fabriano dove compose molte opere (pur non conoscendo documenti che lo attestino e considerato che le due città sono collegate dalla strada Flaminia, ci piace pensare che il cardinale abbia anche soggiornato a Nocera Umbra e bevuto un po’ della sua acqua). Cusano morì a Todi l’11 agosto del 1464 dopo aver scritto la sua ultima opera, il De Apice Theoriae.

Un pensatore geniale e originale
Se Cusano ha indubbiamente una formazione aristotelica, l’impronta più forte gli proviene però dalla tradizione platonica e neoplatonica la quale, in quel periodo, non aveva ancora ricevuto l’impulso che gli deriverà dall’attività di Marsilio Ficino e dall’Umanesimo italiano. Da questo punto di vista più rilevanti sono le influenze esercitate dai Padri della Chiesa e dalla tradizione mistica renana, tradizione che Cusano conosceva bene e nella quale erano contenuti elementi della filosofia neoplatonica. Un altro riferimento essenziale è Giovanni Scoto Eriugena che nel IX secolo, con il suo De divisione naturae, eserciterà un influsso lungo e controverso nella stessa storia della filosofia.

Si fa comunque difficoltà ad individuare una fonte univoca del suo pensiero. Questo per due motivi. Il primo è dovuto al fatto che le sue fonti furono numerose e variegate tanto da spaziare dai classici greci ai mistici medievali, dai pensatori eretici (primo fra tutti Davide di Dinant) fino a quelli più ortodossi: di ciascuno Cusano esamina e approfondisce aspetti che poi finiranno per essere sintetizzati nella sua filosofia. Il secondo motivo è dovuto al fatto che Cusano fu un pensatore insofferente ad ogni autorità intellettuale, un indipendente che incoraggiava l’autonomia della ricerca personale: di fatto, nelle sue opere, si respira una grande libertà di pensiero che incoraggia la speculazione e le costruzioni originali.

Ragioni per le quali Cusano è un conciliatore…
Il principio che più di tutti fa di Cusano un genio è quello della coincidenza dei contrari, declinabile anche come conciliazione di prospettive teoriche opposte, siano esse filosofiche siano esse teologiche, senza che per questo si scada nel compromesso (in cui ciascuna posizione deve rinunciare a qualcosa di se stessa). Nelle sue pagine, a differenza rispetto a Spinoza, non si riscontra mai il conflitto fondamentale che da sempre agita la filosofia, quello tra ragione e fede. Se è vero che Spinoza dichiara i due ambiti come incommensurabili, è anche vero però che egli pone la conoscenza solo nell’ambito della ragione lasciando alla fede la dimensione pratica nella quale esercitare la carità. Per quanto ragionevole, tale dottrina non può non imbarazzare i teologi i quali si vedono espropriati dall’inizio di qualsiasi possibilità di conoscenza: essa infatti è qualcosa che riguarda la ragione (di stretta competenza dei filosofi) e mai la fede (dimensione che Spinoza lascia agli umili e agli “ignoranti”).

In Cusano invece non si trovano mai simili affermazioni di principio sicché la conoscenza è un affare che può riguardare sia coloro che praticano la ragione sia coloro che seguono la fede (intendendo per fede la dottrina cristiana). Leggere Cusano non imbarazza né il filosofo né il teologo, né il razionalista né il credente. Anche nelle pagine in cui egli esercita la sua professione di teologo, non risulta mai in contraddizione con quanto affermato nelle vette più alte della sua speculazione filosofica. E il caso ad esempio della terza parte della Dotta ignoranza quando Cusano indica in Gesù Cristo il principio stesso della coincidenza degli opposti. Questa affermazione non è fatta per alimentare la fede quanto per ribadire l’idea che la sapienza è una casa abbastanza grande per accogliere chiunque voglia abitarci. Nelle sue pagine, il teologo non si confonde mai con il filosofo e di fatto non si rinviene quella sensazione per cui fede e ragione debbano procedere di pari passo, secondo quella prospettiva tomista che invece finisce per assimilare la filosofia alla teologia. Il pensiero di Cusano è assolutamente libero di indagare le vette più alte della filosofia senza dover ricorrere agli strumenti della teologia. Se la sua è una riflessione sistematica sul non sapere dell’uomo, si deve anche riconoscere che egli evita di utilizzare il lume soprannaturale che, in quanto tale, sfugge alla ragione e all’intelletto.

…e non un apologeta
Da questo punto di vista non è condivisibile il giudizio del suo più importante commentatore che fa del Cusano «un metafisico religioso implicante tre verità fondamentali: la trascendenza di Dio, la causalità creatrice, la finalità dell’uomo» (Vansteenberghe, 1920). Se questo è vero, è anche vero che Cusano afferma altrettante verità specularmente opposte e cioè l’immanenza di Dio, il principio della causalità immanente e i germi di un panteismo in cui l’uomo perde la propria centralità. In merito a quest’ultimo aspetto, c’è anche da sottolineare che non è esatto dire che il panteismo debba essere ricercato nella dottrina di san Paolo perché, volendo procedere a ritroso (come il metodo utilizzato dagli apologeti della fede), si giunge ai primi filosofi naturalisti e al principio secondo cui ogni cosa è in ogni cosa (quodlibet esse in quolibet), ovvero tutto è in tutto (omnia in omnibus), secondo la massima di quell’Anassagora di cui Cusano fu grande ammiratore. Inoltre non è nemmeno vero che Cusano «unisce aristotelismo e platonismo per sottometterli entrambi alla dottrina cristiana» (ibid.) in quanto di essi fornisce un’interpretazione critica quanto originale. Semmai si deve dire che, in modo del tutto inedito nella storia del pensiero filosofico, la categoria della relazione diventa in Cusano la categoria ontologica fondamentale che non si aggiunge all’ente (come ad esempio si aggiunge un balcone ad una casa già esistente) ma è costitutiva dell’ente (così come senza il tetto non si dà una casa).

Cusano all’origine del pensiero moderno
Per affermare che il pensiero di Cusano non né ateo né religioso e allo stesso tempo ateo e religioso, è necessaria un’indagine accurata che dimostri il suo spessore filosofico nella direzione da noi accennata. Un tentativo in questo senso è stato fatto da Cassirer il quale, nella sua Storia della filosofia moderna, pone l’inizio del pensiero moderno proprio a partire da Cusano, nel momento in cui viene messo a fuoco il concetto e la teoria della conoscenza: essa infatti non è più legata alla teoria delle idee platoniche, «in quanto pensate e interpretate come l’essere assoluto al di là del mondo dei fenomeni», così come non dipende più dal ruolo della sensibilità che in Aristotele segna lo sviluppo stesso della filosofia. Cusano realizza un sistema unico che trova il suo vertice nel principio primo, che egli nomina in modi diversi a seconda della prospettiva e dello sviluppo del suo pensiero: Assoluto, Dio, Possest, Non aliud, Posse ipsum. Cusano parte direttamente dall’Uno, cioè da da quel principio che, posto sopra la conoscenza razionale e giungendo all’esperienza più ordinaria, pone «L’unità suprema e incondizionata come il fondamento di ogni problema che la nostra conoscenza può porsi», esigenza che Spinoza, due secoli dopo, dimostrerà come essenziale per fare filosofia. Se è vero che il suo principio fondamentale, quello della coincidenza dei contrari, può costituire una debolezza del suo sistema, è anche vero che esso è una forza per generare nuovi approcci concettuali. Come è stato detto, Cusano «è un rivoluzionario che ancora non si conosce, in cui non è il passato che ritorna ma l’avvenire che comincia ad arrivare». Un genio, studiato e ammirato da Luca Pacioli e Leonardo da Vinci, per il quale Giordano Bruno non esitava ad attribuirgli il carattere di “divino” secondo l’aggettivo usato da Copernico.

Nostro interesse è quello di far vedere come Cusano riesca a fornirci ancora oggi delle categorie fondamentali per il pensiero. Per fare questo, in maniera approfondita e analitica, seguiremo quella che lo stesso cardinale indica come la caccia della sapienza: dieci campi, dalla dotta ignoranza al concetto di ordine, dal potere-che-è fino al concetto di limite passando per quello di Non aliud (senza ora citarli tutti) grazie ai quali abitare nella casa della sapienza. Dieci luoghi da analizzare, meditare e, se possibile, mettere in dialogo con la speculazione successiva fino ai giorni d’oggi.

Riferimenti bibliografici

  • Peroli, Enrico (a cura di). 2017. Niccolò Cusano. Opere filosofiche, teologiche e matematiche. Milano: Bompiani.
  • Cassirer, Ernst. 1952. Storia della filosofia moderna. Torino: Giulio Einaudi editore, vol.I, pp.9-96
  • Rotta, Paolo. 1927. Il profilo del Cusano. Rivista di Filosofia neo-scolastica, vol.19, no.4/5, pp.255-267.
  • Vansteenberghe, Edmond. 1920. Le Cardinal Nicolas de Cues. Paris: Honoré Champion.
  • Wolf, A. 1920. Spinoza The Conciliator. Chronicon Spinozanum, tomus alter, pp.3-13

 

Insegnante con dottorato di ricerca in Filosofia. Vive e lavora a Nocera Umbra, autore del podcast che prende il nome dal suo motto: Hic Rhodus Hic salta.

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