Unità e relazione in Hegel (IV)

Tornando a riflettere sulla dialettica di vero/falso, così come viene indicata da Hegel nella Prefazione alla Fenomenologia, troviamo un passo che giudichiamo molto significativo. Scrive, infatti, Hegel: “Poiché dunque quel sistema dell’esperienza dello spirito ne comprende soltanto l’apparire, il processo che conduce da esso alla scienza del vero che è nella forma del vero, sembra meramente negativo; e potrebbe darsi che si volesse evitare di avere a che fare con il negativo [inteso] come il falso, e si pretendesse di venir condotti senz’altro alla verità; a che impacciarsi del falso?” (Hegel 1960, 30).

Si potrebbe riassumere così il discorso svolto da Hegel: la fenomenologia dello spirito si conclude nel momento in cui l’opposizione di coscienza e oggetto si risolve nell’unificazione/distinzione del sapere e del saputo, così che la diversità, secondo l’intendimento hegeliano, investe solo il saputo, come articolazione dei diversi contenuti del sapere.

La fenomenologia lascia così il posto alla logica, che è la scienza del vero nella forma del vero, laddove la fenomenologia vale come l’apparire dell’esperienza dello spirito (il suo “cominciamento”) e, dunque, come il “negativo” della logica.

Precisamente dal dato che la fenomenologia vale come il negativo della logica, e la logica come la “scienza del vero […] nella forma del vero”, consegue che la fenomenologia vale come lo studio del “falso”, cioè appunto del negativo del vero, così che ci si potrebbe domandare, prosegue ancora Hegel, per quale ragione ci si dovrebbe occupare del falso? (“a che impacciarsi del falso?”).

La risposta la si trova se si tiene conto della concezione di Hegel in ordine al “vero” e al “falso”. Tale concezione – riprendiamo temi già trattati nei primi tre articoli – può venire sintetizzata in questo modo: vero e falso non possono venire considerati due determinazioni di pensiero isolate e contrapposte: “Il vero e il falso appartengono a quei pensieri determinati che, privi di movimento, vorrebbero valere come particolari essenze delle quali l’una sta di qua, l’altra di là rigidamente isolate e senza reciproca comunanza” (Ibidem).

La contrapposizione rigida di vero e falso non può, dunque, venire accettata, secondo Hegel. Il quale così prosegue, riprendendo e approfondendo quanto egli stesso ha affermato all’inizio della Prefazione alla Fenomenologia: “C’è un falso tanto poco quanto c’è un male. Il male e il falso non hanno affatto la malvagità del diavolo, e a prenderli per entità diaboliche si finisce col farne dei soggetti particolari. Il falso e il male, invece, sono soltanto degli universali, anche se si tratta di due essenzialità distinte. Ora, il falso – il nostro discorso verte infatti solo su di esso – sarebbe l’altro, il negativo della sostanza, mentre la sostanza, in quanto contenuto del sapere, rappresenterebbe il vero. La sostanza, però, è essa stessa essenzialmente il negativo, sia come differenziazione e determinazione del contenuto, sia come semplice atto del differenziare, cioè come Sé e sapere in generale” (Hegel 1995, 93-95).

Il primo punto che vogliamo sottolineare è che Hegel non discute l’esistenza del falso. Il falso esiste perché, sempre per Hegel, è il distinguersi della sostanza, ossia il suo farsi altra a sé stessa. Il sapere, pertanto, implica il falso perché implica la differenza con il proprio contenuto: “Proprio tale disuguaglianza, però, è l’atto del differenziare in generale, e costituisce perciò un momento essenziale. È da questa differenziazione che deriva successivamente l’uguaglianza tra il sapere e la sostanza, e tale uguaglianza, in quanto divenuta tale, è la verità. Non si tratta però di una verità da cui la disuguaglianza sia stata soppressa come le scorie vengono espulse dal metallo puro, né è una verità che somiglia al prodotto finito in cui non è rimasta traccia dello strumento che l’ha lavorato. Al contrario, la stessa disuguaglianza è ancora presente in modo immediato nel vero in quanto tale, e vi è presente appunto come il negativo, come il Sé” (Hegel 1995, 95).

Se il vero è “l’uguaglianza tra il sapere e la sostanza”, essa non può non postulare la “disuguaglianza” come suo punto di movenza. La disuguaglianza, pertanto, è presente nel vero ed è presente in modo immediato, perché immediatamente richiesta come condizione dell’uguaglianza, cioè come “il negativo” dell’uguaglianza stessa.

De Negri traduce così: “è ancora immediatamente presente nel vero come tale” (Hegel 1960, 31). La disuguaglianza, insomma, esprime il carattere non statico del vero, ossia non fa che ribadire il suo “automovimento”, cioè il fatto che il vero è punto di arrivo di un processo che muove bensì dal vero, ma da un vero che è ancora un’identità astratta (il vero iniziale). Quest’ultima, per diventare concreta, deve passare attraverso la differenza, nel senso che il vero non può non “farsi altro a sé stesso”.

Il vero implica questo farsi altro a sé, che vale come il negativo di sé, perché poi dalla disuguaglianza tolta, ossia dalla disuguaglianza negata, origina l’uguaglianza, che è il ritorno in sé e per sé del vero, il porsi cioè del vero come concreto, come autentico.

Il momento dell’“essere altro” deve, pertanto, venire tolto, affinché vi sia il ritorno in sé dell’identico, il quale contiene in sé, immediatamente, la diversità. Il negativo (falso) è bensì tolto, ma è anche presente immediatamente nel vero. Che è come dire: l’uguaglianza si costituisce solo come superamento della disuguaglianza, così che la disuguaglianza è richiesta affinché si ponga il suo superamento.

Poiché, tuttavia, il falso (negativo) si toglie, esso non è più presente nel vero con il significato che aveva prima di questo toglimento. Nell’unificazione con il vero, il falso ha acquisito un significato nuovo: “Tuttavia, non è corretto affermare che il falso costituisca un momento o, addirittura, una parte essenziale della verità. Nell’espressione ‘in ogni falsità c’è qualcosa di vero’, entrambi i termini sono presi come l’olio e l’acqua che, senza mescolarsi, vengono assemblati insieme solo esteriormente. Proprio perché il significato delle espressioni ‘vero’ e ‘falso’ indica il momento del perfetto essere-altro, questi termini non devono più essere impiegati quando il loro essere-altro viene rimosso. Analogamente, le espressioni ‘l’unità di soggetto e oggetto, di finito e infinito, di essere e pensare, ecc.’ presentano l’inconveniente per cui il significato dei termini ‘soggetto’, ‘oggetto’, ecc., indica ciò che essi sono al di fuori della loro unità; nell’unità, dunque, questi termini non vanno intesi nel significato che ciascuno di essi assume allo stato isolato. È in questo senso che il falso costituisce – appunto, non più come falso – un momento della verità” (Hegel 1995, 95).

Quando si parla dell’unità del vero con il falso, così come quando si parla dell’unità del soggetto con l’oggetto, i termini “vero”, “falso”, “soggetto” e “oggetto” acquistano un significato nuovo rispetto a quello che avevano da separati.

Ebbene, ciò che Hegel sta dicendo è che, quando due identità isolate – ammesso che possano esistere, visto che un’identità determinata si pone solo nella contrapposizione ad altra identità determinata – entrano in relazione, cessano di essere quello che erano prima: la relazione trasforma le identità e rende l’una non più chiusa all’altra, bensì aperta ad essa.

Ciò non fa che confermare il concetto che Hegel ha dell’unità. Quando parla dell’unità, egli non parla della vera unità, per lo meno nella misura in cui afferma che, anche se trasformato, il falso entra nella costituzione del vero. Ciò può accadere solo per la ragione che l’unità, in effetti, è un’unificazione, cioè una relazione, nella quale il falso è un termine in relazione al vero.

 

Riferimenti bibliografici

  • Hegel, Georg Wilhelm Friedrich. 1960. Phänomenologie des Geistes (1807), in Sämtliche Werke, dritte Auflage der Jubiläumsausgabe, Bd. 2, hrsg. von H. Glockner, Frommann-Holzboog, Stuttgart-Bad Cannstatt 1964; trad. it. di E. De Negri, Fenomenologia dello spirito, Vol. I, La Nuova Italia, Firenze 1976, sec. rist. della sec. ediz. [1960].
  • Hegel, Georg Wilhelm Friedrich. 1995. Fenomenologia dello spirito (trad. it. di V. Cicero). Milano: Rusconi.

 

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Università per Stranieri di Perugia e Università degli Studi di Perugia · Dipartimento di Scienze Umane e Sociali Filosofia teoretica - Filosofia della mente - Scienze cognitive

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