Il sovrano e l’eccezione

Mariano Croce e Andrea Salvatore hanno recentemente pubblicato un libro (Croce e Salvatore 2022) che aiuta a inquadrare il concetto di stato di eccezione, forgiato da Carl Schmitt nei primi decenni del secolo scorso e che viene «da più parti presentato come ciò che prende a ostaggio la coscienza e la percezione di intere popolazioni per consegnarle a una nuova concezione del diritto e della politica, in cui i valori liberal-democratici passano in secondo piano»: a causa di un pericolo percepito come incombente e letale, «le persone sono indotte a barattare la sacralità dei valori della libertà e della democrazia per aver salva la vita». Lo stato di eccezione consentirebbe allora un rimodellamento della normalità senza spargimento di sangue ma con una «gestione accorta di un pericolo  collettivo presentato come incalzante e prossimo». 

Il libro smentisce convincentemente questa impostazione: «l’intera impalcatura concettuale che si fonda sull’idea di stato di eccezione non aiuta in alcun modo né a criticare i processi politici in corso né a rinvenire modalità più efficaci e trasparenti di gestione dei vari rischi in cui una popolazione può incorrere in uno o più frangenti della sua storia».

Il tema si colloca sulla faglia fra diritto e politica e di conseguenza la prospettiva storica è ineliminabile: in questo articolo esamineremo dunque alcuni passaggi, fra i molti d’interesse che il libro mette in luce.

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L’ombra del diritto naturale

Il diritto naturale e il post storicismo
Come si è visto nel precedente articolo, lo storicismo non ha sepolto il diritto naturale, ma ne ha anzi messo in luce il carattere trascendente. Qual è stata dunque secondo Strauss la relazione fra il diritto naturale e le correnti filosofiche che si sono sviluppate dopo l’avvento dello storicismo (Strauss 2009, 63)?
Affrontando gli sviluppi dell’idea di diritto naturale sopravvissuta agli attacchi dello storicismo, Strauss premette ancora una volta che il diritto naturale è inscidibilmente collegato con la vera filosofia perché non può esserci vera filosofia senza un orizzonte assoluto: idea, si badi, perfettamente compatibile con la finitezza dell’uomo. Per afferrare difatti tale orizzonte assoluto è sufficiente che l’uomo, seppur per definizione incapace di giungere alla comprensione del tutto, sia almeno capace di riconoscere quello che non sa: è questa la condizione sufficiente per afferrare i problemi fondamentali che sorgono quando si ricercano i fondamenti immutabili del mondo che, va notato, hanno poi necessariamente riflessi politici.

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