Quanto abbiamo detto nei precedenti articoli, può venire riassunto in questo modo: se l’unificazione è una relazione, di contro l’unità è una ablatio omnis alteritatis e il valore dell’unità viene più volte sottolineato anche da Paolo di Tarso (cfr. Scilironi, 2022) nelle sue lettere. Continue Reading
Come conciliare unità e molteplicità? (I)
Il concetto cristiano di “Trinità” non solo è fondamentale da un punto di vista dottrinario, ma lo è anche da un punto di vista teologico e, ancor prima, filosofico. Con esso, infatti, non si può evitare di affrontare, in forma estremamente significativa, il tema del rapporto tra unità e molteplicità.
Il primo punto che ci sentiamo di sottolineare con forza è questo: non si può pensare che tra unità e molteplicità vi sia una relazione. In questo caso, infatti, l’unità verrebbe ridotta ad un elemento (membro) della molteplicità, giacché sarebbe un termine della relazione.
Si potrebbe bensì obiettare che la molteplicità è soltanto l’altro termine, ma in tal modo si dimenticherebbe che la relazione si costituisce comunque di due termini, sì che essa stessa si struttura di quella dualità di termini che costituisce la forma minima di molteplicità. In questo modo, l’unità varrebbe, appunto, come uno dei due termini e perderebbe quell’assolutezza che è il senso stesso dell’unità metafisica, decadendo ad unità numerica, cioè a quell’uno-dei-più-di-uno che costituisce la molteplicità in quanto questa vale come l’insieme di più unità, ferma restando la determinatezza (finitezza) di questa unità. Continue Reading
L’unità come condizione fondativa (VI)
Nel saggio precedente si era pervenuti alla conclusione che l’unità può venire riscontrata nell’atto, inteso non tanto come atto del distinguersi, quanto come atto del togliersi dei distinti.
L’unità dell’atto, questo è il punto, è sempre e comunque vincolata ad una determinazione, sia che si tratti dell’atto del “distinguersi” sia si tratti dell’atto del “togliersi”: se l’atto del distinguersi si pone a condizione del porsi della determinatezza dei distinti, così che anche l’atto risulta da essi determinato, altrettanto l’atto del togliersi si pone a condizione del porsi della determinatezza di ciò che si toglie dopo essersi determinatamente posto, così che anche tale atto risulta, esso stesso, determinato.
L’effettiva unità, invece, si realizza allorché viene meno ogni determinatezza, così che l’“unità del fondamento” non potrà non venire distinta dall’“unità dell’atto”, ancorché l’atto, almeno intenzionalmente, cioè idealmente, non può non intendere di essere tutt’uno con ciò verso cui si volge e che intende come sua meta e suo compimento: il fondamento, appunto. Continue Reading
Unità e relazione in Hegel (IV)
Tornando a riflettere sulla dialettica di vero/falso, così come viene indicata da Hegel nella Prefazione alla Fenomenologia, troviamo un passo che giudichiamo molto significativo. Scrive, infatti, Hegel: “Poiché dunque quel sistema dell’esperienza dello spirito ne comprende soltanto l’apparire, il processo che conduce da esso alla scienza del vero che è nella forma del vero, sembra meramente negativo; e potrebbe darsi che si volesse evitare di avere a che fare con il negativo [inteso] come il falso, e si pretendesse di venir condotti senz’altro alla verità; a che impacciarsi del falso?” (Hegel 1960, 30).