Quando si affronta un nuovo sistema filosofico, ci si trova sempre in una certa situazione di imbarazzo. Si vorrebbe avere una visione d’insieme, una sorta di sguardo dall’alto grazie al quale contemplare il paesaggio che attende chi dovrà attraversarlo. Il filosofo sa che deve fare la traversata da solo e per di più in una landa ignota: almeno avere un’idea della vastità del territorio sarebbe d’aiuto. Una buona regola sarebbe quella di studiare come se si dovesse affrontare un fortino inespugnato: attaccandolo cioè dal lato debole, o almeno quello che appare tale e che sembra essere compreso più facilmente. Per Ortega y Gasset lo studio dei grandi problemi filosofici richiede una tattica simile a quella che gli Ebrei adottarono per prendere Gerico: «non per attacco diretto ma girandovi intorno lentamente, affrontando la curva ogni volta più strettamente e mantenendo vivo nell’aria il suono delle drammatiche trombe».
L’importanza di questa strategia (ma allo stesso tempo l’imbarazzo) si accresce quando si deve affrontare lo studio di un filosofo come Wittgenstein. Da dove partire? Dove attaccare il discorso senza che questo si dimostri essere una strada interrotta? Lo stesso Wittgenstein diceva che «Il linguaggio ha pronte per tutti le stesse trappole: la straordinaria rete di strade ben tenute praticabili (tanto che) sarebbe buona norma mettere dei cartelli là dove si diramano le false strade, che aiutino a passare sui punti pericolosi». Se anche non si riuscisse a fare ciò, almeno affrontare lo studio in modo che la lettura delle sue proposizioni porti a pensare i problemi da lui pensati. All’inizio del Tractatus egli scrive che il libro può essere compreso solo da chi abbia già pensato i pensieri in esso contenuti. Crudo ma essenziale. Wittgenstein amava dire che l’unica cosa buona che aveva era che a scuola leggeva favole ai bambini. Ho avuto la stessa esperienza: dopo averne raccontata una, alla domanda su quale fosse il significato della favola, i bambini hanno risposto: «il signor Maurizio!»: non poteva capitarmi cosa migliore per capire la tesi del linguaggio come gioco. Continue Reading