La filosofia di Hegel, nonostante le sue alterne fortune, ha da sempre fornito degli utili paradigmi per leggere i movimenti della storia e della politica. L’esempio classico è la dialettica servo padrone con la sua capacità di interpretare il conflitto tra uomini e classi sociali. Meno nota, ma non meno efficace e suggestiva, è la dialettica tra altre due figure della Fenomenologia dello Spirito, quella tra Coscienza Giudicante e Coscienza Agente. Rispetto anzi a quella tra servo e padrone, legata ad una logica di dominio tra uomini tipica del mondo antico e medievale, la dialettica tra queste due figure riguarda in modo specifico il mondo moderno e contemporaneo, quello dell’uguaglianza e della democrazia, e risulta quindi ancora sommamente utile per comprendere gli scontri della storia e della politica odierna che avvengono soprattutto sul terreno della morale.
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Hegel e lo sguardo obliquo del cameriere
La filosofia di Hegel, nonostante le sue alterne fortune, ha da sempre fornito degli utili paradigmi per leggere i movimenti della storia e della politica. L’esempio classico è la dialettica servo padrone con la sua capacità di interpretare il conflitto tra uomini e classi sociali. Meno nota, ma non meno efficace e suggestiva, è la dialettica tra altre due figure della Fenomenologia dello Spirito, quella tra Coscienza Giudicante e Coscienza Agente. Rispetto anzi a quella tra servo e padrone, legata ad una logica di dominio tra uomini tipica del mondo antico e medievale, la dialettica tra queste due figure riguarda in modo specifico il mondo moderno e contemporaneo, quello dell’uguaglianza e della democrazia, e risulta quindi ancora sommamente utile per comprendere gli scontri della storia e della politica odierna che avvengono soprattutto sul terreno della morale.
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Il principio di non contraddizione maschera del nichilismo
La filosofia di Emanuele Severino, che prenderemo in esame in modo sistematico da oggi e nei prossimi articoli per meglio fissare i dialoghi del ritiro filosofico svolto la scorsa settimana, è prima di tutto una grande filosofia dell’ente, il concetto con il quale gli uomini hanno pensato e pensano la cosa. L’ente è il determinato (tode ti), una cosa, questa stanza, questo mio scrivere, la storia: tutto ciò che implica la negazione di altro secondo il principio omnis determinatio est negatio. L’ente, o la cosa come preferisce dire Severino, è pensata come ciò che oscilla tra due ambiti tra loro irrevocabilmente separati: l’essere e il niente. Questa oscillazione dell’ente è ciò in cui per Severino consiste propriamente il nichilismo, ovvero l’idea che la cosa è niente sia nel momento in cui è niente, sia nel momento in cui è non-niente che, in quanto tale, è niente.
Marx, Nietzsche e Freud, i «penetratori degli infingimenti»
Per avere messo sotto accusa la realtà e i suoi fondamenti, Marx, Nietzsche e Freud si sono guadagnati da Ricoeur l’etichetta di «maestri del sospetto». L’espressione ‘maestri del sospetto’ è una ripresa dell’appunto ‘scuola del sospetto’ elaborato da Nietzsche in Umano troppo umano. Ricoeur coglie un’affinità tra i tre pensatori. Sono loro, d’altronde, a smascherare gli inganni e gli idoli della tradizione per liberare l’uomo dai falsi miti e riporlo dinanzi alla sua autentica natura umana.
Dopo la Gloria e la Gioia è tempo della Grazia?
Il tema della possibilità e dell’impossibilità è al centro della filosofia di Emanuele Severino. Possiamo distinguere una prima e una seconda posizione dell’autore relativamente al senso della possibilità. Scopo di questo scritto è considerare queste due posizioni e vedere come esse influiscano sulla risposta alla domanda se siamo destinati al superamento dell’isolamento della terra dal destino, cioè alla Gloria della Gioia.
La riflessione di Severino parte da uno scritto di Jules Lequier:«Se la determinazione A è in potenza, la determinazione non-A è anch’essa in potenza. A e non-A, il sì e il no, cioè i contraddittori, in qualche senso coesistono dunque in potenza» (Lequier 1936, 80).
Severino si interroga sul senso di questa coesistenza dei contraddittori nell’essere in potenza.
Giordano Bruno, un pilota nell’universo infinito
Contro i sogni della scienza e della tecnica che oggi guidano le vite degli uomini, la filosofia non manca di ricordare che la conoscenza della natura e di ogni singolo fenomeno è legata in maniera imprescindibile alla conoscenza del tutto. Giordano Bruno è uno di quei pensatori che lo ha affermato nel modo più perentorio in quel luogo teoretico che, come abbiamo ricordato qualche settimana fa, concerne il rapporto tra l’uno e i molti, tra il particolare e l’universale. Tentare di ricostruire in poche righe la sua dottrina dell’individuo, e di quel particolarissimo individuo che è l’individuo umano, non è compito agevole: troppe le rielaborazioni simboliche, ontologiche, fisiche e metafisiche che si ritrovano nella sua filosofia, così come i rimandi polemici nei confronti di Aristotele, le cui dottrine Bruno padroneggia per denunciarne puntualmente limiti e aporie. Senza contare infine un metodo che, se spariglia e fa uso in maniera a volte spregiudicata di varie correnti filosofiche, ermetiche e religiose, è sempre finalizzato alla ricerca della verità. Nonostante questa congerie di elementi critici ci siamo tuttavia cimentati nel compito non solo per indicare alcuni tratti di un pensiero che rimane fecondo e denso di spunti ma anche per rendere il nostro dovuto omaggio (così come facemmo cinque anni fa) al filosofo di cui proprio ieri abbiamo ricordato l’anniversario della morte avvenuta il 17 febbraio del 1600 a Campo de’ Fiori in Roma.
Nietzsche, o dell’amor fati
L’impatto generato dalla riflessione sul concetto di Postumano moderno elaborato da Leonardo Caffo e su cui ci siamo soffermati la scorsa settimana, è di straordinario interesse. Il superamento dell’antropocentrismo in direzione di un recupero della dimensione ontica (per dirlo con le parole di Heidegger), per risalire cioè alla primigenia condizione dell’essere enti o momenti all’interno di un Essere infinito che ci contiene e ci sovrasta, è uno spunto che apre interrogativi molto interessanti. Riscoprirsi parti del Tutto potrebbe svolgere una funzione fondamentale per affrontare sfide contemporanee come il cambiamento climatico o i flussi migratori. A ben vedere però, questo andare avanti, questo volersi muovere oltre l’uomo in direzione di una riscoperta della comunità, è un andare avanti e insieme un tornare indietro. È un rinunciare all’anelito, a quell’istinto di prevaricazione che nella volontà d’accrescimento individuale ha colto uno dei momenti di maggiore bellezza dell’esperienza umana. L’uomo è innegabilmente parte del Tutto, l’uomo è innegabilmente un ente al pari di tutti gli altri, eppure, allo stesso tempo l’uomo è qualcosa di diverso. Esso è monade, esso è per certi versi la personificazione di quel principium individuationis che tanti dibattiti ha generato all’interno della riflessione filosofica. Per questo pensare ad uno scenario di regressione dal piano individuale, pur nel suo fascino, ci spinge a una certa diffidenza, perché già sembra di sentir riecheggiare il monito di Zarathustra: «Guai! Si avvicinano i tempi in cui l’uomo non scaglierà più la freccia anelante al di là dell’uomo, e la corda del suo arco avrà disimparato a vibrare!» (Nietzsche 1968, p.11). Sin da allora, infatti, l’esigenza di un superamento dell’umanità è rimasta viva, così come la tensione verso una dimensione superiore che per Nietzsche – a differenza di Caffo e Deleuze – proprio non può prescindere dalla dimensione “superiore” dell’individuo. Non solo, proprio nella vita comunitaria e soprattutto nella sua stratificazione egli coglie il momento di massimo annichilimento di questo sentire. Continue Reading