Il filosofo che nel modo più penetrante ha tentato di ricomporre la frattura tra essere e tempo è stato sicuramente Plotino. Questo perché egli è colui che meglio di tutti ha saputo contemperare le esigenze spirituali del mondo antico e di quello moderno. Bergson, nel suo corso al Collège de France sulla Storia dell’Idea di tempo, aveva colto nel segno nel momento in cui individuava nella dottrina di Plotino la prima teoria moderna sull’origine del tempo. Giudizio a sua volta derivato da Simplicio, il principale commentatore del filosofo greco vissuto nel III secolo d.C, il quale scrisse che Plotino era stato il primo filosofo a produrre la vera teoria del tempo. L’originalità, spiega Bergson, deriva dal carattere interamente psicologico della sua concezione secondo la quale, dove c’è tempo, c’è un’anima, una coscienza.
La coscienza come vero impianto concettuale
Se questo è vero ecco il motivo per cui Bergson, nel dare conto della dottrina sul tempo di Plotino (da cui prenderà spunto per elaborare la sua teoria sul tempo), premette diverse lezioni sul concetto di coscienza (l’undicesima, la dodicesima e parte della tredicesima). Plotino infatti è il primo filosofo che abbia presentato una completa teoria della coscienza. Essa si costituisce su tre termini: accompagnamento, accordo e scissione.
Il primo termine significa che la coscienza è qualcosa che accompagna uno stato d’animo, la consapevolezza cioè di una certa condizione interiore. Qui è interessante il confronto con il concetto di coscienza dei deterministi, che è poi quello di noi moderni: per noi infatti la coscienza è una sorta di luce che ha il compito di rischiarare qualcosa di inferiore, così come il risveglio rispetto al sonno. Per Plotino invece la coscienza è un vero e proprio oscuramento, la consapevolezza che la vita che viviamo è immersa in qualcosa di impossibile da decifrare. Di conseguenza l’accompagnamento che costituisce la coscienza è un qualcosa di negativo, un meno che si aggiunge alla passività dello stato interno.
Coscienza (e siamo al secondo significato) è poi accordo, epifenomeno che rappresenta un’unità. Accordo vuol dire, osserva Bergson, il concentrarsi su un punto specifico, il fare attenzione ad un determinato oggetto; il che significa tralasciare tutto il resto, dimenticare ciò su cui non viene posta l’attenzione. Questo paradosso della concentrazione rivela come l’esser sani è un saper dimenticare piuttosto che un saper ricordare. Ma coscienza è infine (e siamo al terzo aspetto) anche scissione e divisione, il che provoca un depotenziamento della vita mostrando che la coscienza non è necessaria alla felicità.
Questi tre elementi sono la precondizione per comprendere la natura del tempo. Il fascino del corso di Bergson è che egli ricorre a tutt’altri argomenti rispetto a quelli che ci si aspetterebbe rispetto al tema trattato. Eppure, con un movimento di pensiero improvviso, egli piomba sul suo oggetto carico degli insegnamenti acquisiti altrove.
La critica al tempo come movimento e come misura
Plotino sviluppa la sua teoria sul tempo nel settimo libro della terza Enneade. Da puro filosofo, egli espone dapprima le teorie sul tempo note fino a quel momento; poi, dopo averne mostrato le loro intime contraddizioni, procede ad esporre il suo pensiero.
Plotino comincia prendendo in esame la tesi secondo cui il tempo è considerato come movimento. Questa dottrina è insostenibile per il semplice fatto che se il movimento può cessare o essere intermittente, questo non vale per il tempo. Si deve dire dunque che non il tempo è movimento ma che il movimento è nel tempo.
Perché, si chiede da una parte Plotino, non si può dire che il tempo è una cosa appartenente al movimento? La risposta è dovuta al fatto che in questo caso il movimento sarebbe misurato da intervalli che fanno riferimento al concetto di spazio: ma allora si uscirebbe da ciò che si vuole definire (il tempo) per ricorrere ad un altro elemento (lo spazio). In altre parole, il tempo sarebbe spazializzato e perderebbe la sua natura.
Questo significa, ci chiediamo dall’altra parte noi, che si deve considerare il tempo come reale, come variabile assoluta e indipendente alla maniera di quanto sarà fatto da Newton? Plotino non giunge a questa conclusione perché è preoccupato di stabilire che tutto ciò che si muove è altro rispetto alla durata, la quale non si può ridurre ad un fenomeno esteriore: così dicendo egli esclude implicitamente il tempo inteso in senso assoluto.
Plotino prende poi in esame la dottrina di Aristotele secondo cui il tempo è la misura del movimento. Le due dottrine (come osserva Bergson), sono molto vicine ma assai diversa è l’ispirazione: quella di Plotino infatti è di natura psicologica, il che gli conferisce un carattere del tutto diverso. Il problema della tesi di Aristotele è invece la sua astrattezza, o meglio ancora la sua formalità: se infatti utilizziamo il tempo come misura, scrive Plotino, «si viene a dire sì di che cosa il tempo è misura, e cioè di movimenti, ma non ciò che esso è». Anche il numero dieci indica i cavalli o i buoi ma ancora non si è detto che cosa sia quella misura: anzi, per dirla tutta, si deve forse dire che il tempo è un numero? In altre parole, il tempo è la grandezza che misura oppure la cosa misurata? A prescindere dalla risposta (che comunque non ci direbbe cosa è il tempo), la teoria di Aristotele presuppone il movimento uniforme senza il quale non sarebbe possibile sostenere la teoria che il tempo è una misura.
Il tempo come vita della coscienza
Con una mossa geniale, sia dal punto di vista filosofico che letterario, Plotino interroga allora il tempo e gli chiede chi esso realmente sia. La risposta è il ritorno all’essere originario: il tempo infatti riposava nell’essere ma, non avendo generato un prima e un dopo, conservando cioè la sua immobilità, non era ancora il tempo. Ma, ad un certo punto, la natura irrequieta cominciò a muoversi e fu così che il tempo la seguì per conservare il ricordo della precedente quiete ed immobilità: ecco la rottura dell’unione originaria di essere e tempo, ecco la definizione platonica del tempo come immagine mobile dell’eternità. Questo movimento che conserva lo stato originario è ciò che propriamente si definisce anima, «potenza inquieta che vuole far passare in altro ciò che aveva contemplato nel mondo intelligibile». Si giunge per questa via alla celebre definizione di Plotino, per il quale «il tempo è propriamente la vita dell’anima che muovendosi passa da uno stato di vita ad un altro». Il tempo non è altro che sviluppo e svolgimento di qualcosa che in sé non è tempo, qualcosa che in sé è eterno. Senza il ricorso a spiegazioni mitiche, questo passaggio si potrebbe spiegare come il differenziarsi dell’unità originaria che diventa molteplice.
Il tempo, osserva Bergson, è il problema capitale della filosofia antica che in Plotino raggiunge la sua soluzione. Un problema posto con la semplicità che lo contraddistingue: «Si tratta di salvaguardare il principio di causalità – che salverà la concatenazione e l’ordine delle cose – permettendo a noi di essere qualcosa». La soluzione è una sorta di armonia prestabilita in base alla quale (per tornare ancora alle parole di Bergson) «facciamo quello che la natura prepara per noi, ma la natura prepara per noi ciò che noi faremmo da noi stessi». Se il tempo è la vita della coscienza e la libertà è la coscienza stessa (fino a ciò i moderni hanno tutti gli strumenti per intendere in modo chiarissimo), ecco allora che il tempo è il luogo stesso della libertà. In questo sillogismo si racchiude la teoria di Plotino sul tempo. Un sillogismo che i moderni fanno fatica ad intendere perché prigionieri dell’idea secondo cui il tempo scorre in modo inesorabile quanto estrinseco. No, direbbe Plotino: il tempo non è un’idea esterna, una variabile assoluta, ma la stessa espressione dell’Uno nella vita dell’uomo.
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L’immagine di copertina è stata generata da Stable Diffusion (una rete neurale generativa profonda sviluppata dal gruppo CompVis alla LMU di Monaco) con il prompt «the unique being and the multiple».
Complimenti. Davvero interessante. Ho letto velocemente, ma vorrei riflettere con calma e scrivere qualche spunto di riflessione.
Grazie Paola. Attendiamo la tua riflessione…;-)