Come emerge da quanto scritto negli scorsi articoli, la ragione non può che affidare alla verità il proprio tendere ad essa. E, proprio per la ragione che la verità non può venire determinata, lo slancio verso di essa è destinato a non esaurirsi mai.
Ci si slancia, insomma, verso la verità, sapendo bensì che essa è innegabile, ma sapendo altresì che non la si potrà mai afferrare. Con questa conseguenza: chi cerca la verità non può far poggiare la propria ricerca sui mezzi di cui dispone in quanto “cercante”, perché quei mezzi sono insufficienti a raggiungere l’obiettivo.
Quando la ragione perviene a sapere che la verità non può venire determinata, senza venire negata, deve accettare di avere con essa un rapporto diverso da quello ordinario.
Un rapporto ordinario, infatti, si pone come medio tra estremi, così che un rapporto con la verità riduce quest’ultima a “termine”, cioè la riduce a “determinato”, a “finito”.
Di contro, il tendere alla verità è un rapporto extra-ordinario, perché ciò verso cui si tende evoca la tensione, senza venire da essa inglobato. La tensione alla verità deve, insomma, poggiare sulla forza della verità, e non più sulla forza della ragione umana.
In questo senso va inteso l’affidarsi confidando, che a nostro giudizio costituisce la vera fede.
Compito dell’uomo è cercare la verità con intenzione pura, cioè scevra da interessi particolaristici ed egoistici. Compito della verità, se così si può dire, è guidare la ricerca dell’uomo, qualora quest’ultima sia veramente pura e disinteressata.
Questa ci sembra la fede autentica, una fede che non solo è fede nella verità, ma anche nel bene, dal momento che, se la verità evocasse l’esigenza che fonda la ricerca e poi non soddisfacesse l’esigenza che evoca, allora la verità sarebbe un inganno cosmico ordito da un “genio maligno”, per usare l’espressione di Cartesio.
La fede nella verità, pertanto, è fede anche nel bene, ossia è fede nell’aiuto fornito dalla verità. Del resto, se invece fosse “bene” credere nel male, si riproporrebbe non altro che la contraddizione.
Se non che, la contraddizione è il suo contraddirsi, cioè il suo venir meno a sé stessa, giacché in essa l’essere coincide totalmente e senza residui con il non essere.
Lo slancio verso la verità e il bene produce, dunque, una profonda trasformazione nell’uomo, che cercando si protende oltre sé medesimo.
L’attaccamento a sé, che contraddistingue l’ego, viene superato dallo slancio verso la verità, che induce l’io a dimenticarsi completamente di sé e dei propri interessi, perché ormai solo la verità gli sta veramente a cuore.
La verità gli sta a cuore non per il vantaggio che può derivargli dal possederla: se pensasse di poterla possedere e di poterne disporre, sarebbe solo un ingenuo. Non è questa, dunque, la ragione.
La verità gli sta a cuore perché è la verità, ossia per il suo valore intrinseco.
Nella verità l’io vede il proprio autentico compimento, un compimento che lo induce a desiderare di non conservare alcunché di proprio, ma di coincidere totalmente con essa, perdendosi in essa, perché solo perdendosi nella verità l’uomo è veramente libero.
Come intendere il perdersi nella verità?
Non nel senso, tipico di una certa mistica, del fare “esperienza” dell’assoluto. A nostro giudizio, se si fa esperienza dell’assoluto, lo si riduce a qualcosa che l’io vive come “esperito”, cioè come “oggetto” di esperienza. In tal modo, ciò che si nega è l’assoluto stesso, il quale non è riducibile ad oggetto.
E neppure può venire inteso come una mortificazione del corpo o della propria persona. Quando Paolo di Tarso contrappone la carne allo spirito, non intende la carne nel senso del corpo, come se il corpo avesse particolari colpe.
Egli, piuttosto, contrappone un “modo carnale” di essere, che è tutto volto a valorizzare il proprio ego, a un “modo spirituale”, che invece guarda oltre l’ego.
Guardare oltre l’ego è cercare nella verità il proprio fine e il proprio fondamento. Ossia è realizzare veramente la propria libertà, perché equivale all’emanciparsi dalle false verità, da ciò che nel mondo si presenta come vero senza esserlo.
Precedenti articoli di questa serie già pubblicati
— Fede e libertà (III) (8 dicembre 2024)
— Che bisogno abbiamo della fede? (I) (13 ottobre 2024)
— Fede e ragione (II) (10 novembre 2024)
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