Deduzione e petitio principii (II)

Il discorso, svolto nella prima parte del presente lavoro, ha inteso dimostrare che la deduzione si trova in una aporia. Ricapitoliamo il discorso svolto, per evidenziare di quale aporia si tratta.

Il processo deduttivo, a differenza di quello induttivo, è strutturato in modo tale che le conclusioni cui mette capo presentano i caratteri dell’universalità e della necessità, ma, proprio per questo, esse non sono ampliative del contenuto informativo delle premesse. Il carattere tautologico della deduzione, come è noto, è stato prima affermato da Poincaré e poi ribadito con forza da Wittgenstein: ciò impone la necessità di riflettere sul concetto stesso di relazione di conseguenza logica (o di implicazione logica) che costituisce la struttura del processo deduttivo.

L’implicazione viene considerata, da un canto, come un nesso intrinseco, in quanto necessario, ma, dall’altro, come un nesso estrinseco, proprio per il suo vincolare due identità distinte e, quindi, autonome. Ciò equivale a dire che l’implicazione si trova a dover conciliare due aspetti che sono tra di loro inconciliabili: la necessità del vincolo, che, decretando il suo valore intrinseco, impone il carattere tautologico della deduzione (il conseguente è momento che costituisce intrinsecamente l’antecedente); la sua estrinsecità, giacché soltanto mediante essa è possibile differenziare l’antecedente dal conseguente, in modo tale che essi si presentano con una forma che li identifica come diversi.

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Deduzione e petitio principii (I)

La forma logica della relazione necessaria: la deduzione
Si è soliti contrappore il processo deduttivo a quello induttivo. Si tratta bensì, in entrambi i casi, di procedimenti logici, ma le conclusioni dei due processi hanno caratteristiche molto diverse. La conclusione del processo induttivo è ampliativa del contenuto informativo delle premesse. Essa è tratta per generalizzazione da casi particolari e, pertanto, non può esibire il carattere dell’universalità e della necessità, proprio perché estendere a tutti i membri di una classe (insieme) le proprietà riscontrate in uno o in alcuni membri di quella classe (insieme) costituisce un saltus logico.

Il quantificatore universale affermativo “tutti”, che pure è essenziale per formulare una legge o per configurare una categoria, non trova effettiva legittimazione dal processo generalizzante, così che la conclusione può avere solo una valenza statistica-probabilistica. Come direbbe Popper, per affermare che “tutti i cigni sono bianchi” o “tutti i corvi sono neri”, bisognerebbe osservare veramente tutti i cigni o i corvi, e questo è impossibile. Precisamente per questa ragione, Hans Reichenbach colloca l’induzione nell’ambito della “scoperta scientifica”, perché è solo mediante questo processo logico che la scienza accresce le proprie conoscenze e, quindi, va avanti, nonostante le sue conquiste siano sempre passibili di revisione.

Di contro, il processo deduttivo è strutturato in modo tale che le conclusioni cui mette capo presentano i caratteri dell’universalità e della necessità, anche se esse non sono ampliative del contenuto informativo delle premesse. Per questa ragione, Reichenbach lo considera centrale nel “contesto della giustificazione” della scoperta scientifica. Tale giustificazione si configura nel dedurre da ipotesi di leggi generali, ottenute mediante generalizzazioni induttive, asserti osservativi che vengono confrontati con l’esperienza, giacché solo il confronto empirico può “corroborare” tali ipotesi di leggi (non “verificarle”, come ci ricorda Popper) oppure “confutarle”. La deduzione degli asserti osservativi si ottiene mediante un processo che, proprio per la ragione che non è ampliativo, non fa che esplicitare ciò che è contenuto nelle premesse, così che gli asserti empirici vengono dedotti da asserti universali o, meglio, generali.

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