Tutta questione di modi nella critica di Bayle a Spinoza

Pierre Bayle (1647-1706) è una delle prime figure dell’illuminismo europeo. La sua opera principale è il Dizionario storico critico nel quale, se da una parte sottoponeva ad esame rigoroso il pensiero teologico e dogmatico, dall’altra riservava un atteggiamento altrettanto scettico nei confronti del pensiero razionale. Insieme a Spinoza, Bayle è considerato uno dei grandi maestri della tolleranza tanto da essere autore di un corposo Commentario filosofico sulla tolleranza (da poco tempo tradotto e pubblicato in Italia). Nonostante fosse di religione calvinista, Bayle non esitò a schierarsi dalla parte dei non credenti perseguitati e a fondare la figura dell’ateo virtuoso, allontanandosi dal cliché secondo cui il non credente doveva per forza essere malvagio ed amorale. Questa valutazione era indirizzata anche a Spinoza nei confronti del quale però riservava un’apposita voce del suo Dizionario, con annesso un lungo supplemento, nel quale Bayle procedeva alla sistematica stroncatura dei capisaldi fondamentali del suo pensiero. Compito che egli dichiarava non insormontabile perché «in fondo è capitato anche a Spinoza quello che inevitabilmente accade a tutti coloro che costruiscono sistemi basati sull’empietà: essi si coprono le spalle contro certe obiezioni, ma si espongono ad altre difficoltà ancora più imbarazzanti». Dal punto di vista dell’analisi filosofica, Bayle concentrava la sua critica sul concetto di modificazione, dal quale sarebbero derivate una serie di conseguenze assurde.

Le cattive influenze di Spinoza

Il saggio di Bayle si apre con l’elenco delle tradizioni filosofiche e dei pensatori che avrebbero influenzato Spinoza. Il gruppo comprende David di Dinant, filosofo vissuto tra il XII e il XIII secolo, noto per aver posto l’identità tra Dio e materia e per questo motivo, almeno fino a Cusano, considerato un paria e reietto tra i filosofi. Un altro pensatore è Stratone di Lampsaco, filosofo peripatetico del III secolo a.C., il quale, diversamente da Aristotele, indicava nella natura l’unica realtà ontologica e metafisica rinunciando a qualsiasi principio trascendente. 

Più articolato era invece il riferimento alle tradizioni filosofiche che avrebbero fornito a Spinoza le linee direttive del suo pensiero. La prima è lo stoicismo con la dottrina dell’anima del mondo, questo grande organismo vivente al centro del quale si trova l’egemonico che assicura la direzione razionale del mondo. Concezione folle e piena di contraddizioni, spiega Bayle, così come esemplificato dalla fuorviante metafora delle bottiglie piene d’acqua che galleggiano nell’oceano: se infatti esiste l’anima del mondo che permea tutto l’universo, è inutile e vano pensare che le singole anime siano da essa separate così come il liquido contenuto nelle bottiglie è separato dall’acqua dell’oceano.

Bayle indirizza poi Spinoza sulla via dell’Oriente. Prima facendo tappa in India tramite la concezione (poi penetrata in vario modo in Occidente) secondo cui Dio ha creato il mondo non secondo il metodo delle cause efficienti ma «alla maniera di un ragno che fa la sua tela traendola dal proprio ombelico, e la può disfare quando vuole»; poi giungendo fino in Cina dove una tradizione teologica insegnava una dottrina essoterica ad uso del volgo e una dottrina esoterica per i veri follower centrata sul quietismo, tecnica meditativa consistente in profonde meditazioni volte a sbarazzarsi dell’intelletto.

Come si vede Bayle inserisce nella sua critica diversi sistemi di pensiero ed è consapevole di andare oltre il segno. Il filosofo francese non poteva non sapere ad esempio che la dottrina dell’anima del mondo era stata confutata dallo stesso Spinoza nel Trattato sull’emendazione dell’intelletto nel momento in cui aveva scritto che gli stoici avevano immaginato l’anima e la sua immortalità in modo confuso. Ma la verve polemica contro un avversario così micidiale non consentiva di andare troppo per il sottile e giustificava delle vere e proprie violenze al pensiero del filosofo olandese (l’accusa di quietismo a questo proposito appare fin troppo imbarazzante, tanto per usare un aggettivo utilizzato dallo stesso filosofo francese).

L’inaccettabilità dei modi

Dopo questa lunga introduzione, Bayle iniziava una sistematica confutazione del pensiero spinoziano in diversi punti centrati sul concetto di modalità. Perché proprio il modo? Perché, a differenza della nozione aristotelica di accidente, il modo indica una relazione necessaria con la sostanza, nel senso che data una sostanza si danno anche i suoi modi: se la sostanza non esiste in virtù dei suoi modi, i modi esistono in virtù della sostanza. La necessità del legame è data dal fatto che la relazione che si dà tra la sostanza e i modi è una relazione di natura, in cui posta la natura della sostanza, essa si esprime secondo certi modi. In questo senso non è possibile avere una sostanza senza modi, non perché i modi siano la condizione di possibilità della sostanza (anzi da questo punto di vista è la sostanza la condizione di possibilità dei modi) ma perché la sostanza non potrebbe esistere senza quei modi che appartengono alla sua natura. Il modo non si distingue dunque dalla sostanza secondo una distinzione reale, in quanto la realtà del modo e della sostanza è la stessa. Tutto ciò era intollerabile per la dottrina classica. 

Quindi, iniziando dall’estensione, Bayle sostiene che è impossibile che l’universo sia sostanza unica in quanto l’estensione è sempre composta da molte sostanze e mai di modificazioni: se Spinoza sostiene che l’estensione è sostanza e l’universo ad essa identico, egli finisce per dire una cosa assurda in quanto equipara di fatto l’universo ad un punto matematico.

In secondo luogo è assurda l’equivalenza tra Dio e materia perché quest’ultima rimanda sempre al divenire e al cambiamento, incompatibile con l’immutabilità di Dio. Gli spinozisti pretendono di conciliare l’inconciliabile sulla base del fatto che la materia non soffrirebbe divisioni in quanto, non essendoci il vuoto, essa rimane sostrato permanente ed immutabile. Da questo punto di vista il cambiamento della forma (il legno che diventa cenere) sarebbe in definitiva una cosa per loro di secondaria importanza. In realtà non è così, sostiene Bayle, Il quale se insiste nel sostenere che per cambiamento non si deve intendere l’annichilimento delle cose ma il passaggio da uno stato all’altro del medesimo soggetto, invita gli spinozisti a chiarire se per cambiamento intendano la distruzione oppure la modificazione dell’unica sostanza: accettando il primo caso essi si renderebbero ridicoli, optando per il secondo devono ammettere la sconfitta della loro tesi. 

Una terza assurdità dello spinozismo è il suo implicito disconoscimento del principio di non contraddizione. Considerare Dio come soggetto di tutte le modificazioni non significa altro che considerare il mutamento degli uomini come mutamento in Dio: si finirebbe così per avere che Pietro che vuole una cosa è uguale a Pietro che rifiuta quella stessa cosa in quanto entrambe sono modificazioni di Dio. Ma questo è assurdo perché Dio non può volere e non volere una stessa cosa. 

La moralità di questo Dio spinoziano, il quale finisce per essere allo stesso tempo agente e paziente dei delitti e delle miserie degli uomini, costituisce una quarta assurdità. Si tratta di una follia che Bayle paragona a quelle spacciate dai poeti pagani su Dio: se è comprensibile che gli uomini si detestino l’uno con l’altro, è follia pensare che essi continuino ad odiarsi e ad uccidersi rimanendo il medesimo ente. Uno spinozista coerente dovrebbe enunciare la frase «i tedeschi hanno ucciso diecimila turchi» con quella molto più coerente secondo cui «Dio, modificato in tedeschi, ha ucciso Dio modificato in diecimila turchi». 

Una quinta assurdità riprende la critica di Plutarco agli stoici i quali toglievano a Dio felicità e immortalità per renderlo come un qualunque mortale: ma ciò che è peggio è che gli uomini, in quanto modi di quel Dio infelice e mortale, non solo esprimevano quelle qualità ma si gettavano nella più totale contraddizione come la sostanza di cui erano avvolti per cui «sarebbe certamente una frase impertinente, ridicola, buffonesca, dire: la gioia è gaia, la tristezza è triste. Ebbene, lo stesso valore avrebbe nel sistema di Spinoza la frase: l’uomo pensa, l’uomo si affligge, l’uomo si impicca ecc». Anche in questo caso Bayle torna sul concetto di identità il quale afferma che una cosa di cui si può negare o affermare ciò che non può essere negato o affermato di un’altra è distinta da quest’altra.

Dalla padella alla brace teologica

Per Bayle sono almeno tre gli inconvenienti della dottrina tradizionale, in particolare cristiana, che hanno spinto Spinoza all’elaborazione di un sistema filosofico ancora più assurdo: la materia, il principio ex nihilo nihil, il male nel mondo. Nella ricerca di un rimedio a tali problemi, Spinoza si espone a difficoltà non minori di quelle precedenti. Difficoltà che si sintetizzano nel tallone d’Achille del suo sistema, la quinta proposizione della prima parte dell’Etica (E1P5): «In natura non possono darsi due o più sostanze della stessa natura o attributo».  Bayle sostiene che per mettere fuori gioco questa proposizione basta la distinzione tra genere, specie e individuo, cosa che lo stesso Spinoza deve riconoscere tacitamente se non vuole compromettere il suo stesso edificio: forse Socrate, così come ogni altro individuo, si chiede Bayle, non è una specie di modificazione così come non è una modificazione di altra specie Spinoza e l’ebreo che lo aveva accoltellato? Insomma, la dottrina della modalità costituiva la pietra dello scandalo la quale nascondeva la vera ed ultima operazione del sistema spinoziano: quella di aver trasferito alle cose naturali ciò che è proprio della natura di Dio. In altre parole di aver rovinato la filosofia, trasformandola in teologia. L’intenzione antiteologica di Spinoza veniva così fatta passare da Bayle per intenzione teologica, stravolgendone radicalmente il significato.

Insegnante con dottorato di ricerca in Filosofia. Vive e lavora a Nocera Umbra, autore del podcast che prende il nome dal suo motto: Hic Rhodus Hic salta.

1 Comment

  1. Purtroppo Spinoza non ebbe modo di replicare ai cavilli di Bayle che gli rimproverava di confondere i modi di Dio con i modi della natura. A suo modo Bayle ribadiva con la fede in Dio il dualismo metafisico tra la sostanza e i modi.

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